NEL BAULE…
Eccomi con la mia penna e le mie riflessioni da incidere nero su bianco sulla carta, prima ancora di digitarle al computer, è che mi piace scrivere, scrivere su carta ingiallita che sa di passato, di cose semplici, di una vita così diversa da quell’attuale…scrivere è una mia passione, una passione che mi viene da lontano, dai miei antenati, da mio nonno. Come l’ ho scoperto? Curiosando nei cassetti di quella che fu la mitica scrivania del nonno, tra mille piccoli pezzi di quella carta ingiallita, dove con una grafia, che potrebbe benissimo essere la mia, di mia madre o dei miei fratelli, ritrovavo lettere, scritti e pensieri del nonno, ma anche di altri della mia famiglia emigrati moltissimi anni fa in altri continenti…
Perché vi racconto questo? Ieri ho ricevuto la telefonata di Franco Vallone in cui mi parlava del suo nuovo lavoro, spiegandomi la sua ricerca e la sua idea ed invitandomi a visionare il contenuto del “baule dell’emigrante”.
Parlava Franco e, mentre ascoltavo, il mio pensiero era già un passo più in là del senso di quelle parole, a ciò che quelle sensazioni muovevano nel mio mondo interiore e al significato che può assumere il baule nella mente di ognuno.
Sono curiosa di scoprirne il contenuto… Dicono che la curiosità è donna, ed io sono curiosa, di una curiosità che non è fine a se stessa, non resta lì, si tratta della “curiositas” latinamente intesa, l’impulso primario che sta dietro ogni ricerca seria per dare peso agli eventi della vita, segni che è nostro dovere leggere, interpretare, una molla che spinge più in là a riscoprire, tra la polvere, quel senso ormai smarrito nella nostra società attuale… e magari ad agire con consapevolezza nel presente.
A m’arcord… mi ricordo bene il fascino che fin da piccola esercitavano su di me scrigni, cofanetti e scatole chiuse, quelli che mamma teneva gelosamente da parte, temendo forse i nostri incauti giochi di bambini. Il loro contenuto aveva per me un non so che di segreto e misterioso e, lo confesso, a volte, cedevo all’impulso irresistibile di curiosarvi dentro, scoprendovi vecchie foto, lettere, dischi in vinile e strani cimeli, cose curiose con cui non mi pareva vero di poter giocare, contravvenendo ai divieti.
Ma questo avveniva quando ero ancora troppo piccola per comprendere davvero quale immenso tesoro fosse racchiuso in quelle improvvisate casseforti domestiche. Tra queste le mie preferite erano delle vecchie scatole circolari di biscotti, colorate un tempo ed ora sbiadite dalla ruggine.
Solo oggi, riaprendole, mi rendo conto del valore di quelle cose, ricordi non miei, ma che mi appartengono, aprendo uno squarcio sul passato, non un passato qualunque, ma quello della mia famiglia, pezzi di un puzzle di cui oggi anche io rappresento un tassello importante: il presente!
Tutto questo con una consapevolezza nuova e mutata rispetto a quella della bambina con le trecce, riesco anche a comprendere mia madre, attenta custode di quei cimeli scampati all’inesorabilità del tempo, contrariamente alle persone cui sono appartenuti, sempre vive nel ricordo, grazie a quegli oggetti che a volte mi erano apparsi solo inutili, divertenti, strani, vecchi…è grazie ad essi, a quelle vecchie foto che ho potuto guardare in volto familiari che non ho mai conosciuto, morti prima della mia nascita ed in cui, adesso, posso riconoscermi, anche grazie ai racconti di mia madre, alcuni un po’ sbiaditi e di certo un po’ trasformati, tra realtà e nostalgia, in racconti di mito domestico.
Non so ancora cosa c’è nel baule che Franco Vallone ha rinvenuto nelle sue ricerche, proprio in un paesino del mio Comune, Favelloni di Cessaniti, posso solo immaginarlo per ora, mentre sto scrivendo, ma so già che esso contiene una storia dimenticata…la storia di chi un giorno, più per miseria che per avventura, è partito per andare lontano, lasciando la sua vita abituale, le sue radici, la sua Terra, la sua famiglia ed i suoi affetti, in cerca di un’occasione per migliorare la propria condizione e per rendere più dignitosa l’esistenza propria e dei propri cari, portandosi sempre nel cuore ricordi, nostalgie, fatiche e sofferenze e tutti quei sentimenti che il cuore ospita proprio come un baule.
Il che a ben pensarci mi ricorda che la nostra storia non è fatta solo di grandi eventi e personaggi, ma è fatta di piccole cose grandi, chiuse lì ‘nto casciuni, nell’attesa che qualcuno le riporti alla luce, per parlarci, per raccontare un’altra storia, una storia diversa…
Così mi tornano in mente le parole della canzone: “La storia siamo noi, nessuno si senta offeso, la storia siamo noi, siamo noi questo campo di grano…”.
Manuela De Rito
Per maggiori informazioni scrivere a: phocas@francavillaangitola.com