Roma. Museo
dell'Emigrazione Italiana.
Franco Vallone e il prezioso Baule fineottocento
della sua raccolta "Le Stanze della Luna",
che veniva affittato agli emigranti
per il trasporto delle masserizie
durante i viaggi oltreoceano.
Si insedia al Vittoriano il Museo
dell'Emigrazione,
tributo ai migranti italiani nel mondo.
In mostra la raccolta privata di Franco Vallone
"Le Stanze della Luna"
(S. Libertino) Ci sono voluti quasi tre anni per
realizzare nei 400 mq della ex Gipsoteca dell’Altare della Patria il Museo
dell’emigrazione italiana (Mei), che venerdì 23 ottobre ha aperto i battenti nel
complesso del Vittoriano alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano e del Presidente della Camera Gianfranco Fini, accompagnati dal
Ministro per i beni culturali, Sandro Bondi e dal
Sottosegretario
agli esteri Alfredo Mantica.
Da ora in poi, anche se a livello locale i
numerosi musei sull’emigrazione continueranno a ricordare i migranti di una data
area geografica, ci sarà un unico “contenitore” a raccontare nel suo insieme
un’esperienza tanto complessa. “Abbiamo riletto il fenomeno della storia
dell’emigrazione con un andamento cronologico - precisa il direttore del Mei
Alessandro Nicosia, presentando il museo, promosso dal ministero degli Affari
esteri con la collaborazione del ministero per i Beni e le Attività culturali -.
Essendo un museo gratuito rivolto al grande pubblico del Vittoriano e agli
studenti, abbiamo voluto semplificare la lettura. La data simbolica d’inizio è
il 1861, anno dell’unificazione italiana, anche se l’emigrazione iniziò molto
prima. Attraverso sei sezioni si arriva fino ai giorni nostri, con i casi di
affermazione di oriundi italiani in sempre più campi e l’inversione dei
rapporti, con l’Italia che dal 1976 diventa un Paese in cui i flussi in entrata
iniziano a superare quelli in uscita. Ma l’aspetto più importante è quello
dell’unità nella diversità, perché l’emigrazione fu un fenomeno caratterizzato
da innumerevoli flussi locali”.
All’interno, nelle varie stanze lo strumento
multimediale la fa da padrone. Mentre una particolare sezione della Mostra pone
all’attenzione le migliaia di espatriati da ogni singola regione e la loro
destinazione verso territori diversi. “Un modo per sfatare alcuni luoghi comuni
- aggiunge Nicosia - perché il primato spetta al Veneto, seguito dal Friuli,
mentre solo a partire dal secondo dopoguerra la Sicilia sale sul gradino più
alto della classifica, anche per effetto delle partenze verso il Nord
industrializzato”. Migrazione interna alla quale è dedicata una specifica
sezione, con i filmati dell’istituto Luce e delle Teche Rai (molti inediti) che
testimoniano. E poi le foto, inequivocabili e dimenticate, dei cartelli appesi
ai palazzi e sulle porte dei locali: “Non si affitta ai meridionali”, “Vietato
l’ingresso ai cani e ai meridionali”. Storie di quotidiana indegnità, al punto
che a Milano molti emigrati iniziarono a dormire nei casini, ospitati dalle
prostitute.
Nella parte finale del percorso espositivo si può
consultare una biblioteca sull’argomento e disporre di una sala cinema dove
viene proiettato un documentario dal titolo ''L'Emigrazione Italiana e il
Cinema'' con interventi, tra gli altri, di Emanuele Crialese, Carlo Lizzani,
Enrico Magrelli, Citto Maselli, Giuliano Montaldo, Gabriele Salvatores, Pasquale
Scimeca, Pasquale Squitieri, Daniele Vicari, Nello Correale.
Ma il Museo contiene anche documenti d’archivio.
Fra i pezzi pregiati, anche alcuni cimeli storici, dai quaderni di scuola
recuperati dalla Società Dante Alighieri a due organetti originali utilizzati
per le vie di Buenos Aires da migranti siciliani a inizio secolo fino al
modellino della nave Roma, una delle prime a effettuare le traversate
transoceaniche e a portare in America gli emigrati a livelli “industriali”.
Materiale tanto vasto da rotare ogni sei mesi nei locali del Vittoriano. “Non
volevamo allestire la solita mostra col passaporto o il biglietto per New York e
visto che avevamo raccolto tanto materiale per gli ambienti che abbiamo a
disposizione e in considerazione del tipo di pubblico che abbiamo pensato che
era giusto sottolineare le tante peculiarità regionali e ‘accontentare’ tutti -
chiosa il direttore -. Per questo non hanno senso le polemiche sulla necessità
di realizzare questo museo a Napoli o Genova: scegliendo una sede ‘neutra’ e
unitaria volevamo parlare dell’emigrazione italiana nel suo complesso, non di
quella di Nord o del Centro-Sud”.
Numerosi
e prestigiosi i Prestatori: oltre 40 tra i quali la Biblioteca Nazionale
Centrale di Roma, Rai Teche, l'Istituto Centrale per i Beni sonori e
audiovisivi, l'Archivio Centrale di Stato, l'Istituto Luce, la Fondazione
Cresci, la Società Dante Alighieri, la Società Umanitaria di Milano, l'Archivio
Storico della città di Torino e diversi collezionisti privati.
Ed in qualità di prestatore, non è voluto mancare
Franco Vallone con una parte importante della sua raccolta privata “Le Stanze
della Luna” di Vibo Valentia, che rappresenta dignitosamente la Calabria, una
delle realtà geografiche italiane ad aver alimentato maggiormente a cavallo
dell’Ottocento/Novecento il fenomeno dell’emigrazione in tutto il mondo, dalle
Americhe in Australia e nei paesi europei. Invitato dagli organizzatori, Franco
Vallone ha messo a disposizione momenti significativi e ricordi indelebili della
diaspora calabrese che ora si possono toccare con mano, studiare e addirittura
fotografare: cimeli, fotografie, bauli, documenti di identità, di viaggio, che
contribuiscono a raccontare come si muoveva la “Tonnellata umana”, così la
definisce Pasquino Crupi, alludendo al carico umano degli emigrati calabresi.
“Non è la prima volta – dice Franco Vallone,
accompagnato per tutto il percorso della Mostra dal glottologo Prof. Michele De
Luca - che la mia raccolta viaggia da un posto all’altro. In passato, ha
collaborato più volte alla realizzazione di eventi e mostre prendendo parte in
particolare a quella indimenticabile dell’emigrazione italiana in America “The
World in my Hand”, svoltasi nel cuore ancora pulsante dei migranti verso gli
USA, a Ellis Island di New York nel 1997.
Il baule di fine ottocento, esposto attualmente
al Vittoriano – continua Vallone – ha una storia molto singolare. Gli emigranti
lo prendevano in affitto per trasportare masserizie durante i loro viaggi. Dopo
le traversate il baule ritornava regolarmente in Calabria pronto per essere
affittato per un altro viaggio. La ‘Ditta’ che affittava il baule era di stanza
a San Costantino Calabro. La parete esterna del prezioso ‘Baullu’, ormai a
riposo, è pieno di targhe e biglietti di viaggio che si sono accumulati nel
tempo durante decine e decine di traversate“.
di Franco Vallone
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