FRANCAVILLA ANGITOLA COMMEMORAZIONE CADUTI 8.11.2008
Autorità civili, politiche e religiose, associazioni degli ex combattenti, studenti, concittadini tutti, fedeli all’annuale appuntamento ci ritroviamo davanti a questo monumento, riuniti con una solennità che in poche altre occasioni si ripete uguale, per onorare i nostri caduti in guerra, per ricordare l’unità nazionale e per festeggiare le forze armate.
Ci chiediamo oggi dopo tanti anni che senso abbia celebrare questa ricorrenza considerato che quasi nessuno degli uomini di quella generazione è più tra noi.
Mi pare che vi siano valide ragioni per ritrovarci qui:
- Approfondire la conoscenza di quella storia a partire dalle testimonianze - tragiche ma sempre così ricche di umanità - di chi l’ha vissuta. Sono uomini e donne che hanno indelebilmente segnato la nostra vicenda nazionale e sociale;
- Rileggere e comprendere quella storia a partire dall’oggi in modo da interpretare il nostro tempo ed evitare errori già compiuti. La celebrazione che promuoviamo, e che sentiamo come necessaria e giusta, del novantesimo anniversario di quella grande, luminosa giornata del 1918. E' una celebrazione che vediamo innanzitutto come occasione di rinnovato omaggio alla memoria dei seicentomila italiani che caddero, bruciati in quella spaventosa fornace bellica : verso di essi la nazione italiana ha un debito inestinguibile, che dobbiamo continuare, sempre, a onorare. Novant'anni orsono, in questi giorni, i soldati italiani, attestandosi sul Piave, si apprestavano a portare a compimento l'unificazione dell'Italia, in quella che fu l'ultima guerra del Risorgimento nazionale. L'ideale di Patria unita, coltivato un secolo prima da pochi italiani illuminati, si stava per materializzare definitivamente, trasformando in realtà storica il grande progetto della comunione di tutti gli italiani su un unico territorio. Nello stesso tempo, forte è in noi il senso dell'occasione da cogliere per riflettere ancora sulla prova che diedero di sé, in condizioni così dure, il nostro paese e il nostro popolo, su come ne uscirono cambiati, su quali effetti e sviluppi positivi si sarebbe potuto contare nel futuro, al di là delle convulse vicende che seguirono e che segnarono per oltre un ventennio la società italiana.
Il 4 novembre 1918 alle ore 12 il generale Armando Diaz leggeva il Bollettino della Vittoria che poneva fine alla prima guerra mondiale. Una guerra “asprissima” durata 41 mesi che purtroppo poneva le premesse per un altro conflitto ancora più devastante. La spietata contabilità della guerra ci ricorda che ci furono oltre 8,5 milioni di soldati morti – 650.000 italiani, tanti nomi e cognomi sono scritti su questo monumento, 21 milioni di feriti ed oltre 7,5 milioni di dispersi/prigionieri.
A questi si devono aggiungere un numero variabile – ca.10 milioni -di vittime indirette tra le popolazioni civili. I dati di questa guerra, come di ogni guerra, dipingono sempre un quadro di morte e distruzione anche per i vincitori. Questo ci insegna – ed è una verità auto evidente -che la guerra va sempre evitata come modalità di risoluzione dei conflitti e si devono valorizzare, ancorché non sempre soddisfacenti e lente, le azioni politiche e diplomatiche. E’ sotto gli occhi di tutti il fallimento mondiale di quella teoria che giustifica la guerra preventiva; teoria che va contro la nostra tradizione giuridica e contro lo stesso diritto naturale. La paura, il sospetto non possono giustificare mai la guerra: il risultato purtroppo è sempre un escalation di violenza incontrollabile. L’esperienza della guerra fa risuonare ancora inascoltato, il grido, la supplica che Papa Paolo VI ha rivolto alle Assemblea delle Nazioni Unite nell’ottobre 1965: “Mai, mai più la guerra!”;
Ci furono grandi discussioni e mobilitazioni nel periodo che precedette l’entrata in guerra dell’Italia il 24 maggio 1915 a fianco delle forze dell’Intesa. Siamo qui ad onorare la memoria di quegli uomini che tanto coraggiosamente hanno lottato per donarci la libertà, hanno sofferto per non far soffrire i propri figli, hanno dato la loro vita regalandola a noi tutti. Il nostro compito, ora, è di onorare la loro memoria, tenere vivo il ricordo di ciò che è stato. Molti di noi qui presenti non hanno mai vissuto la guerra e sperano di non viverla mai. I nostri caduti sono lì ad ammonirci: la guerra porta morte e disperazione.
Celebrare i caduti, coscienti o meno del dovere che stavano compiendo, significa riconoscerne il grande contributo dato alla definizione dei confini territoriali e quindi all’unificazione nazionale e alla libertà. Ma unità e libertà non sono un patrimonio definitivamente acquisito, sono semmai una condizione in continuo divenire, da sviluppare, direi da scegliere quotidianamente. Anche oggi infatti assistiamo a spinte separatiste più o meno velate che accentuano elementi propri di identità particolari, anche legittimi, ma articolati spesso come contrapposizione ad altri e senza la ricerca di quelle solidarietà che un popolo unito deve esprimere.. Una forte e chiara unità nazionale è condizione indispensabile per essere attori credibili nel contesto europeo unito che si spera possa svilupparsi sempre più sotto il profilo politico;
E’ bene ricordare che i caduti che oggi celebriamo erano dei militari che hanno servito l’Italia con serietà, onore ed umanità – e nel contesto di una guerra non è facile essere “umani” –. Fortunatamente la funzione delle forze armate è molto cambiata in questi anni: si è passati dalla guerra in armi alle azioni di pace. In questa giornata si ricordano e si festeggiano le forze armate e voglio ricordare la storia dell’arma dei Carabinieri che fondata il 13 luglio 1814 ad opera di Vittorio Emanuele I il quale fondo' questo Corpo col nome di Carabinieri Reali, di soldati a piedi o a cavallo rigorosamente selezionati "... per buona condotta e saviezza distinti" il cui compito era "di contribuire alla necessaria felicita' dello Stato, che non puo' essere disgiunta dalla protezione e difesa dei buoni soggetti". Queste funzioni particolarmente delicate, specificate nelle Regie Patenti, sottolineavano l'importanza attribuita alle doti personali richieste ai militari selezionati, oltre alla duplice funzione di difensori dello Stato e di organismo di polizia, con speciali doveri e prerogative. Sin dalla loro costituzione i Carabinieri, per il profondo attaccamento al dovere dimostrato nell'assolvimento dei compiti di istituto e per la loro condotta, si sono guadagnati il rispetto e l'affetto delle popolazioni.Il nuovo Corpo, creato allo scopo di assolvere incarichi sia militari che civili, fu chiamato Carabinieri non solo per evitare confusione con la gia' esistente "Gendarmerie" di matrice napoleonica ma soprattutto perche', come tutti i corpi scelti dell'epoca, erano armati di carabina.
Cenni storici
Primo Comandante in capo del Corpo : Generale Giuseppe Thaon di Revel di Sant'Andrea.
Il 24 gennaio 1861 il Corpo acquisì la posizione di Prima Arma del nuovo Esercito nazionale.
I Carabinieri sui campi di battaglia
I Carabinieri hanno operato su tutti i fronti in cui ha combattuto l'esercito italiano. Ebbero il battesimo del fuoco a Grenoble il 5 luglio 1815: reparti di carabinieri a cavallo caricarono le truppe francesi, che fronteggiavano quelle piemontesi per il possesso di quella piazzaforte, mettendole in rotta e contribuendo a risolvere favorevolmente le sorti della battaglia. Durante il Risorgimento, si distinsero in numerosi eventi. Tra i piu' fulgidi si ricordano :
Pastrengo (30 aprile 1848), dove 280 Carabinieri della scorta reale, al comando del Maggiore Negri di Sanfront, salvarono, con una carica travolgente, la vita del Re Carlo Alberto sorpreso da un attacco degli Austriaci. Per questa azione la Bandiera dell'Arma fu insignita della prima Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Prima Guerra Mondiale (1915-1918). L'Arma dei Carabinieri pago' un prezzo terribile (1423 caduti e 5245 feriti) per il suo eroismo nel corso delle varie battaglie della Grande Guerra : Podgora, Isonzo, Carso, Piave, Sabotino, San Michele . Per il coraggio, l'abnegazione e l'attaccamento al dovere dimostrati, il 5 giugno 1920, una pietra miliare nella storia dell'Arma, la Bandiera fu insignita della prima Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Africa Orientale (1935-1936). Per il valore dimostrato nel corso di questa campagna, l'Arma fu insignita della prima Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia.
Memorabili furono le azioni
di Klisura (16-30 dicembre 1941 sul Fronte greco-albanese), per il quale
l'Arma fu insignita di una Medaglia di Bronzo al Valor Militare e la
strenua difesa di
Culquaber (6 agosto - 21
novembre 1941. Fronte etiopico) operata dal Battaglione Carabinieri Mobilitato,
che ebbe l'onore di essere citato nel Bollettino di Guerra n. 539 del
Comando Supremo :"...Nell'epica difesa si e' gloriosamente distinto,
simbolo del valore dei reparti nazionali, il Battaglione dei Carabinieri Reali,
il quale, esaurite le munizioni, ha rinnovato fino all'ultimo i suoi
contrattacchi all'arma bianca. Quasi tutti i carabinieri sono caduti."
In memoria dei tanti che diedero la loro vita in quell'occasione, la Bandiera fu
insignita della seconda Medaglia d'Oro al Valor Militare .
Nel corso della Seconda Guerra Mondiale l'Arma dei Carabinieri ebbe 4618 caduti,
15124 feriti (inclusi 2735 caduti e 6521 feriti durante la Resistenza) e
578 dispersi. Per il contributo dato alla Resistenza, il 2 giugno 1984 la
Bandiera fu insignita della terza Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Tra gli innumerevoli episodi e atti di valore di cui i Carabinieri furono protagonisti nel corso del conflitto, un cenno particolare meritano il Vicebrigadiere Salvo D'Acquisto (Torre di Palidoro - 23 settembre 1943) e i carabinieri La Rocca, Marandola e Sbarretti (Fiesole - 12 agosto 1944) i quali offrirono la loro vita in cambio di quelle di ostaggi civili.
Lotta al Crimine
Fin dalla sua costituzione, il Corpo si prodigo' nell'aspra lotta quotidiana contro il crimine, personificando sempre il rispetto della legge e dell'ordine sociale. La lotta fu condotta sull'intero territorio nazionale con un elevato contributo di sangue. Il primo Caduto fu il carabiniere Giovanni Boccaccio, ucciso in azione contro fuorilegge a Vernante (Cuneo) il 23 aprile 1815, a soli 9 mesi dall'istituzione del Corpo.
Il 3 febbraio 1834, il carabiniere Giovanni Battista Scapaccino pago' con la vita la sua fedelta' al re: circondato da un gruppo di ribelli che avevano attaccato la piccola stazione di Les Echelles, presso il confine francese, alla richiesta di abiurare alla sua fedelta' alla bandiera, pena la morte, rispose "Viva il Re!". Fu ucciso con due colpi di doppietta dai sovversivi. Per il suo sacrificio gli fu concessa la prima Medaglia d'Oro al Valor Militare dell' "Esercito Sardo".
Sul finire dell'800,
l'Italia fu percorsa da bande di criminali e di "briganti" contro cui i
Carabinieri furono sempre in prima linea. Tra i molti che si prodigarono in
questa lotta senza quartiere, il Capitano Chiaffredo Bergia
(1840-1892) e' una vera leggenda umana : per le sue operazioni, spesso
condotte da solo e sotto travestimento, e che sovente lo portarono a sostenere
conflitti a fuoco con i piu' temuti briganti dell'epoca, fu decorato di Croce
di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia, 1 Medaglia d'Oro, 3 Medaglie
d'Argento e 2 Medaglie di Bronzo, tutte al Valor Militare, oltre a 15 encomi e
decine di menzioni onorevoli.
Nell'Esercito Italiano era l'ufficiale piu' decorato al valore.
Nel corso degli anni, fino ai giorni nostri, l'Arma ha proseguito nella sua strenua lotta contro il crimine e la sovversione, per garantire la sicurezza delle popolazioni.
Al servizio del Paese
I Carabinieri si sono
guadagnati la pubblica considerazione non solo per le loro virtu' militari e per
la loro dedizione nella lotta alla criminalita' ma anche per l'assistenza e il
soccorso prodigati, anche sino all'estremo sacrificio, alle popolazioni in
occasione di pubbliche calamita', tra cui, ad esempio, i terremoti di
Casamicciola (1833), Messina (1908), Marsica (1915), Vulture (1930), Belice
(1968), Friuli (1976), Irpinia (1980) e le disastrose alluvioni del Polesine
(1951), di Firenze (1966), del Piemonte ed Emilia-Romagna (1994) .
Per tale meritoria attivita', la Bandiera dell'Arma e' stata insignita di 2
Medaglie d'Oro e 1 Medaglia d'Argento al Valor Civile, 3 Medaglie d'Oro di
Benemerenza, 2 Medaglie d'Oro al Merito della Sanita' Pubblica.
I compiti principali svolti dalle forze armate in questa fase repubblicana sono stati a servizio della pace internazionale e della sicurezza interna. La difesa del diritto di ogni uomo ad una vita dignitosa e pacifica è obiettivo che i militari hanno perseguito nel mondo con serietà, onore e umanità combinate con una rinnovata professionalità in modo da meritare l’apprezzamento e il plauso unanime di molti organismi internazionali. Il mio pensiero oggi è rivolto alle Forze Armate impegnate nelle missioni di pace all’estero, che in nome della Costituzione oggi festeggiamo e a cui rendiamo omaggio per l'impegno che pongono, con spirito di sacrificio e intelligenza, fuori dal suolo italiano, al servizio di missioni per la pace e la sicurezza internazionale, al sacrificio della vita umana di concittadini nel servire la tanto amata Patria, in particolare il pensiero và al Caporale Paracadutista Antonio Fiumara ed al Carabiniere Giuseppe Marrella.Vorrei dunque cogliere l’opportunità di salutare, a nome dell’Amministrazione Comunale e dei Francavillesi, tutti i componenti dell’Esercito, dell’Aeronautica, dei Carabinieri e della Marina: la vostra divisa è emblema di onestà e senso civico, senso della legge e dei diritti, coscienza civile e coraggio. Ma può divenire, ancor più in quest’epoca connotata dalla fragilità delle relazioni internazionali, simbolo di pace e rispetto dell’umanità.
Viva Dio, Viva l’Italia, Viva Francavilla.
Carmelo Nobile
Sindaco di Francavilla Angitola