DISCORSO DEL SINDACO
DOTT. CARMELO NOBILE
DI COMMEMORAZIONE DEI CADUTI 4 NOVEMBRE 2007
Autorità civili, politiche e religiose, associazioni degli ex combattenti, studenti, concittadini tutti, fedeli all’annuale appuntamento ci ritroviamo davanti a questo monumento, riuniti con una solennità che in poche altre occasioni si ripete uguale, per onorare i nostri caduti in guerra, per ricordare l’unità nazionale e per festeggiare le forze armate.
La storia cui oggi ci richiamiamo è una storia di dure prove e di eroici, dolorosi sacrifici, da quelli che segnarono la grande guerra del 1914-1918 a quelli più recenti ben impressi nella nostra memoria, che sollecitano tutti il nostro commosso reverente omaggio.
Celebriamo qui anche quest'anno la triplice ricorrenza del 4 novembre: l'anniversario di una Vittoria che segnò il conclusivo ricongiungimento con l'Italia di ogni sua parte, il giorno dell'Unità nazionale così pienamente conseguita e consolidata, e la Festa delle Forze Armate, che sono state protagoniste del formarsi dell'Italia unita e ne presidiano oggi le conquiste storiche e il nuovo ruolo nel mondo.
Con l'espressione prima guerra mondiale (per i contemporanei Grande Guerra) si intende il conflitto cominciato il 28 luglio 1914 a seguito dell'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell'Impero Austro-Ungarico, compiuto a Sarajevo (Bosnia) il 28 giugno 1914 da parte del nazionalista serbo-bosniaco Gavrilo Princip, e conclusosi l'11 novembre 1918.
Il conflitto vide scontrarsi due schieramenti di nazioni, da una parte gli Imperi Centrali (tra tutti Impero germanico e Impero Austro-Ungarico) e dall'altra l'alleanza chiamata Triplice intesa (tra tutti Regno Unito, Francia, Russia e Italia). La guerra si concluse con la vittoria dell'Intesa.
La battaglia di Vittorio Veneto
Dopo aver fermato l’avanzata degli imperi centrali, con le truppe di questi ultimi ormai impotenti e sulla difensiva, tutto sembrava pronto per un attacco volto a riconquistare i territori occupati e a spezzare, definitivamente, le linee austro-tedesche, debilitate dalle paurose perdite subite nella battaglia del Piave ed in crisi pure sul fronte occidentale.
I contrasti multietnici dell’esercito asburgico (formato da austriaci, ungheresi, croati, boemi, sloveni polacchi e bosniaci), anche a causa dalla difficile situazione militare, si stavano sempre più accentuando, provocando il progressivo sfaldamento dello stesso.
I comandi alleati, fin dal trionfo del Piave, continuarono ad incentivare, con il contributo di uomini e mezzi, lo stato maggiore italiano a prendere l’iniziativa contro l’agonizzante nemico, finchè, dopo vari ritardi, volti ad assicurare l’adeguata preparazione delle sue truppe, Diaz, tra il 24 e il 27 ottobre, ad un anno esatto dalla disfatta di Caporetto decise di lanciare la controffensiva finale: al termine di due giorni di aspri combattimenti, resi difficili dalle continue piogge, che avevano contribuito ad ingrossare le acque del Piave, i soldati italiani, dopo un primo momento di difficoltà, furono in grado di attraversare il fiume e di avere la meglio sulla vigorosa resistenza nemica; il massiccio attacco in forze condusse l’esercito regio fino a Vittorio Veneto, ove conquistò la vittoria decisiva, travolgendo e tagliando in due le armate di un impero che di fatto aveva già cessato di esistere come entità politica; Trento e Trieste vennero liberate e, ad un’Austria-Ungheria, ormai in piena dissoluzione, non restò altro che chiedere l’armistizio, firmato, a villa Giusti, presso Padova, il giorno 3 da Pietro Badoglio e dal generale austriaco, Victor Weber von Webenau fissa infatti alle ore 15 del giorno 4 Novembre la cessazione delle ostilità.
Disse il generale Badoglio, a proposito dell’accordo appena siglato: "Per l’Italia è la fine della guerra, per l’Austria è la fine di un grande impero".
Voglio ore leggere alcuni dati che riguardano la nostra Nazione relativi alla Grande Guerra: 5.615.000 sono stati gli uomini mobilitati, 650.000 i caduti, 947.00 i feriti e 600.000 i prigionieri e dispersi.
Unità nazionale e Festa delle Forze Armate
Dopo la 1^ Guerra Mondiale, le Nazioni che vi avevano partecipato vollero onorare i sacrifici e gli eroismi delle collettività nella salma di un anonimo combattente caduto con le armi in pugno.
L'idea di onorare una salma sconosciuta risale in Italia al 1920 e fu propugnata dal Generale Giulio Douhet. Il relativo disegno di legge fu presentato alla camera italiana nel 1921.
Approvata la legge, il Ministero della guerra diede incarico ad una commissione che esplorò attentamente tutti i luoghi nei quali si era combattuto, dal Carso agli Altipiani, dalle foci del Piave al Montello; e fra le salme raccolte una sola sarebbe stata tumulata a Roma al Vittoriano.
La scelta fu fatta da una popolana, Maria Bergamas di Trieste, il cui figlio Antonio aveva disertato dall'esercito austriaco per arruolarsi nelle file italiane, ed era caduto in combattimento senza che il suo corpo potesse essere identificato.
Il 4 novembre 1921 il Milite Ignoto veniva tumulato nel sacello posto sull'Altare della Patria.
Al Milite Ignoto fu concessa
la medaglia d'oro con questa motivazione:
"Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette
inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più
cruente battaglie e cadde combattendo senz'altro premio sperare che la vittoria
e la grandezza della patria."
La Festa delle Forze Armate e dell’Unità nazionale deve rappresentare, per ciascuno di noi, l’occasione di riflettere sulle radici del nostro essere popolo, rendendo il doveroso e sincero tributo a tutti i caduti e feriti italiani della Prima Guerra Mondiale, nonché alle vittime militari e civili di tutti i conflitti che hanno segnato tragicamente il nostro passato.
Celebrare questa ricorrenza significa, nel contempo, rivolgere un pensiero di gratitudine agli uomini e alle donne che quotidianamente, con il loro impegno silenzioso e la loro professionalità ispirata ai più alti principi, dedicano il proprio lavoro al nostro Paese.
Vorrei dunque cogliere l’opportunità di salutare, a nome dell’Amministrazione Comunale e dei Francavillesi, tutti i componenti dell’Esercito, dell’Aeronautica, dei Carabinieri e della Marina: la vostra divisa è emblema di onestà e senso civico, senso della legge e dei diritti, coscienza civile e coraggio. Ma può divenire, ancor più in quest’epoca connotata dalla fragilità delle relazioni internazionali, simbolo di pace e rispetto dell’umanità. Il mio pensiero oggi è rivolto anche ai tanti giovani impegnati nelle Missioni di pace all’estero.
Il 4 novembre, tuttavia, non è solo l'anniversario di un grande evento della nostra storia. E' il giorno della memoria comune degli italiani. E' il giorno in cui insieme riflettiamo sulla Patria, sulla responsabilità che ciascuno di noi ha di servire la Patria.
E Francavilla ha pagato, anche in questi ultimi anni, con il sacrificio della vita umana di concittadini nel servire la tanto amata Patria ed il pensiero và al Caporale Paracadutista Antonio Fiumara ed al Carabiniere Giuseppe Marrella.
L'unità d'Italia, l'indipendenza e la libertà sono conquiste straordinarie che vanno difese ogni giorno: come comunità d'intenti, come capacità di cooperare per il bene comune, come desiderio di provare, anche individualmente, la gioia di fare qualcosa per il bene dell'Italia, per il suo prestigio nel mondo, per il benessere della nostra comunità.
Concludo il mio intervento leggendo una frase di Sant’Ambrogio, vescovo di Milano, in occasione della morte del fratello “Non sono stato privato dei mie rapporti con te, ma li ho cambiati: prima non ti separavi da me con la tua persona, ora sei da me inseparabile per un vincolo d’affetto; rimani con me e vi rimarrai sempre”. Penso che questo dovrebbe essere il nostro pensiero per questi eroi e per le persone scomparse ed a noi care.
Viva Dio, Viva l’Italia, Viva Francavilla.
Carmelo Nobile
Sindaco di Francavilla Angitola