75° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI VITO TORCHIA (1939-2014) A CORCIA – ALBANIA
Vito Torchia che qui viene ricordato, nel 75° anniversario della morte, era marito di Marianna Muzzì e padre del compianto Gregorio Torchia, molto noto a Francavilla Angitola come bidello della Scuola Media. Nacque nel 1906 da Gregorio e da Maria Teresa Servello, entrambi contadini del rione Pendino, abitanti in via le Torri 2. Nel 2° volume del mio libro “Buone notizie e pronta risposta” c’è un apposito capitolo a lui dedicato; in questa sede parlerò soprattutto delle vicende della sua morte in Albania e delle solenni esequie che gli furono tributate. Va subito chiarito che Vito Torchia non morì nella 2ª guerra mondiale, ma il 7-06-1939 cioè un anno prima di quando -giugno 1940- l’Italia entrò in quell’immane conflitto. Il 7-8 aprile 1939 alcune Divisioni dell’esercito italiano invasero l’Albania senza incontrare alcuna resistenza; il 16 aprile una delegazione albanese offrì la corona del regno a Vittorio Emanuele III, che quindi, oltre ad essere Re d’Italia e Imperatore d’Etiopia, diventò anche Re d’Albania. Per presidiare e mantenere sotto controllo quel territorio da pochi giorni conquistato, bisognava mandare in Albania altre truppe italiane; così nell’aprile del 1939 Vito Torchia fu richiamato alle armi e arruolato al 77° Reggimento fanteria della Div. “Lupi di Toscana”. Il 24-04-39 s’imbarcò a Brindisi, il giorno dopo sbarcò a Durazzo; quindi il suo reparto fu inviato nell’Albania orientale, presso la città di Corcia, (Korçe in albanese, Coritsa o Coriza in greco e macedone)vicino al confine con la Grecia, ad est, e con la Macedonia, a nord. Grazie alle rimesse di tanti suoi cittadini emigrati in Grecia, Turchia, Egitto, America ed Australia, Corcia vantava una certa vivacità economica, ma allora l’intero territorio albanese soffriva gravi carenze nelle infrastrutture idriche, fognarie, sanitarie. In questa difficile situazione igienico-ambientale il Soldato Vito Torchia ebbe la sfortuna di contrarre una malattia infettiva, forse una forma grave di tifo; il 1° giugno fu ricoverato in un ospedale da campo, il n° 41, allestito a Corcia dai nostri militari. Dopo una settimana di degenza Vito morì il 7-6-1939 alle due e mezzo del pomeriggio. La sua morte suscitò un grande cordoglio, sia tra i suoi commilitoni sia tra gli Ufficiali, poiché Vito Torchia fu il primo del suo Reggimento a morire in Albania. La Div.“Lupi di Toscana” era uno dei Corpi di fanteria più amati dalla gente; al pari dei Bersaglieri e degli Alpini, anche in questa divisione subito si creava un grande affiatamento tra quanti vi erano arruolati. In virtù di questo forte spirito cameratesco, i “Lupi di Toscana” organizzarono in onore del loro sfortunato commilitone una cerimonia funebre particolarmente solenne. Prefigurandosi una notevole partecipazione di militari, il rito funebre fu celebrato all’aperto, alla periferia di Corcia; oltre ai soldati, ai graduati e sottufficiali erano presenti molti Ufficiali, capitanati dal Colonnello Mario Nanei. Il rito religioso fu officiato da un Cappellano e da un Frate; ci fu persino un’ampia ripresa fotografica della mesta e commovente cerimonia. Alle esequie presenziarono parecchi militari di altri reggimenti, e, tra essi, alcuni francavillesi, Peppino De Bretti, Foca Carchedi, Domenico Costa e il Sergente Maggiore Giuseppe Esposito. Ma essi, all’inizio della cerimonia funebre, trovandosi all’aperto, nemmeno capirono chi fosse il defunto, forse perché il suo nome venne storpiato o fu pronunciato in modo incomprensibile. Invece alla fine del rito, mentre si rendevano gli onori militari alla salma che veniva seppellita, il Col. Nanei, commemorando il defunto, scandì molto bene il suo nominativo, cosicché i francavillesi presenti udirono chiaramente qual era il nome del Caduto:“Vito Torchia da Francavilla Angitola”. Attoniti e stupiti, compresero finalmente che il morto era un loro caro compaesano, s’accostarono meglio alla bara e piansero affranti dal dolore. Osservando con attenzione le fotografie del funerale si scoprono particolari molto interessanti: - la moltitudine di militari presenti alle esequie; - i religiosi che officiarono il rito funebre: un cappellano con una lunga stola nera, un frate, forse cappuccino, con una fluente barba bianca; - il corteo funebre che procede nella campagna presso Corcia, forse in prossimità di dove erano installati degli accampamenti militari italiani; - la strada, o pista in terra battuta, fiancheggiata non solo da rustici magazzini ma anche da qualche graziosa casetta; - il corteo aperto da tre militari: un crocifero e due altri che recavano i ceri accesi, subito seguiti dai due religiosi officianti; - la bara portata a spalla da quattro soldati, seguita da una corona sorretta da due soldati, e da Ufficiali in uniforme; - un altare da campo, addobbato con una coperta scura rivestita da candida tovaglia; - in altre foto spicca la nera carrozza funebre, trainata da cavallo, scortata ai fianchi da una decina di soldati indossanti il casco metallico; - un’alta croce in legno chiaro issata a fianco del cocchiere della carrozza funebre; - infine la foto del momento cruciale, quando la bara, per mezzo di grosse funi, venne calata nella fossa appositamente scavata e predisposta per l’interramento. La fotografia riprodotta a fianco fu scattata qualche anno dopo; mostra uno scorcio del cimitero militare italiano di Corcia, con le tombe segnalate da croci bianche; in primo piano sta il monumento ai Caduti, a guisa di massiccio altare sormontato da una grande statua. La foto sottostante , scattata il 23-11-2012 a Roma nella Sala “Mons. Di Liegro” di Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma, ritrae la Signora Concettina Jelapi, francavillese residente a Roma e cognata del compianto Gregorio Torchia, mentre riceve da me, Vincenzo Davoli, autore del libro, la copia di “Buone notizie e pronta risposta” destinata ai parenti stretti del Caduto Vito Torchia, in occasione della solenne presentazione del libro stesso nella capitale. Nel rendere omaggio al Caduto Vito Torchia nel 75° anniversario della sua morte, desidero esprimere la mia doverosa riconoscenza al figlio Gregorio, che, prima di ammalarsi, mi fornì utili informazioni e mi mostrò preziose fotografie, cimeli e documenti di suo padre deceduto in Albania. Testo di Vincenzo Davoli Fotografie degli Eredi di Gregorio Torchia
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