IL Carnevale A FRAncavilla
La Fondazione Culturale
“Le Torri, ” in occasione della festa del Carnevale propone qui di
seguito e pubblica sulla VOCE FRANCAVILLESE una pagina del Carnevale
degli anni trenta a Francavilla, ricavata da un manoscritto del
tempo.
Allegria, scherzi, travestimenti strani, baldoria, emergono dallo
scritto e, ancora di più, partecipazione appassionata e coinvolgente
di tutta la comunità Francavillese ai festeggiamenti carnevaleschi.
E’ tanta la voglia dei giovani di partecipare ai festeggiamenti da
tralasciare qualunque altro impegno per quei giorni. Erano occasioni
per combinare fidanzamenti.
In molte famiglie si uccideva il maiale: in quest’occasione
s’invitavano gli amici ed i parenti.
Tutto questo a Francavilla non si ripete più, abbiamo dimenticato il
passato .
IL CARNEVALE A FRANCAVILLA NEGLI ANNI TRENTA
Il carnevale è una festa che si celebra nei paesi di tradizione
Cristiana. I festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche
parate
in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi in particolare, i
ragazzi si vestono da zingarelle e da pacchiane, mentre i giovani, i
più strani travestimenti SEMEL IN ANNO LICET INSANIRE( una volta
l’anno è lecito far baldoria.).
La parola carnevale deriva dal latino Carnem levare ( eliminare la
carne), poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva
l’ultimo giorno di carnevale, subito prima del periodo d’astinenza e
digiuno della quaresima. La consuetudine vuole che il giovedì grasso
le famiglie preparino il pranzo in cui non deve mancare la carne di
maiale e se non hanno denaro per comprarla se lo fanno prestare,
com’è confermato dal detto: JUOVI E L’ARDALUORU CU’ NON AVA CARNA SI
‘MPIGNA U FIGGHIOLU.
Il carnevale di Francavilla era caratterizzato non solo per le varie
sfilate di gruppi in maschera ma per la maschera del marinaio
rappresentata da Ntuoni e Nocienzu.
Per molti anni Lazzaro Antonio d’Innocenzo classe 1895 vestito da
pirata, con pantaloni corti, con un fazzoletto policromo avvolto
sulla fronte e nuca, attraversava il corso, con una cesta da
marinaio sulla spalla e gridava a squarciagola che, erano arrivati i
pesci freschi direttamente, da Praja, seguito da un nuvolo di
ragazzi schiamazzanti.
La peculiarità della maschera rappresentata da Lazzaro, era dovuto
al vocìo, così ben cadenzato come un autentico marinaio di Pizzo.
La verosimiglianza del marinaio dipendeva dal fatto che nella cesta
vi erano i pesci veri che Lazzaro si procurava dai pescivendoli di
Pizzo-dove si recava- quotidianamente, specie in estate, per
trasporti di merci con un traino, saltuariamente di persone , con il
brek, (diceva l’interessato, come si costuma nell’isola di Cuba),
dove si era venuto a trovare involontariamente, in un tentativo
clandestino di emigrare negli Stati Uniti d’America-il cui-ingresso
era vietato agli emigranti fuori quota.
Si trattava di un comodo mezzo di trasporto,con cuscini regolari di
stoffa ripiena,con spalliera,di una certa lunghezza,che poteva
ospitare su regolari sedili,oltre dieci persone che, previo compenso
modesto assicurava la quindicina balneare.
Fatta la visita medica da parte dell’Ufficiale sanitario dott.
Servello Vincenzo che,unitamente alle guardie municipali si
prestavano al gioco della festosa carnevalata,Lazzaro saltellando e
riprendendo il verso,si dirigeva verso la Piazza Annunziata alla
bottega di Lombardo Eleonora-esercente perenne della pesa pubblica.
Nel frattempo in cui Lazzaro svolgeva la scena principale, con
stupore, presso la bilancia comunale-un’altra maschera sbucava dal
Vico Borgo….Era un certo Monterosso Renzo, il quale, previo accordo
con gli altri personaggi, svolgeva la macchietta da medico, vestito
di nero, con occhiali semirotti, una cravatta a colori molti vivaci
al collo, sistemata con un laccio, e si avviava pacatamente verso il
Lazzaro.A questo punto il Monterosso, che, oltre ad essere
analfabeta, era anche balbuziente, in modo accentuato, fin dalla
nascita, si rivolgeva al pubblico dicendo…Io sono medico del
levante….e porto medicine…..sufficienti…..per i vostri mali e dei
vostri figli….Al che Lazzaro aggiungeva con una faccia sorniona e
con un occhio quasi strabico…….Non date retta a quel ciarlatano di
medico….lasciatelo andare…..venite da me….con pesci vino e caso
(formaggio)…..ogni male….se ne va….accorrete presto…..
Sempre d’intesa,mentre si svolgeva la citata filastrocca,nella
comune festività dei presenti che partecipavano con soddisfazione,da
una casa vicina,compariva un certo Corrado Giuseppe. muratore e
mugnaio. classe 1874, dalla corporatura grossa, alta, con il viso
tutto incipriato, vestito con una lunga tunica e in modo tale che
non si riusciva a comprendere se fosse vestito da uomo o da donna.
Corrado procedeva,imperterrito, con passo maestoso,con un grosso
libro,unto e bisunto,sotto il braccio,chiamato il Messale dei
miracoli,dal possessore.
Di tanto in tanto si fermava e rivolgeva al pubblico parole
incomprensibili,con aria distaccata.
La maschera di Corrado voleva essere un personaggio complesso,
intendeva fare credere che fosse stato un santone, mago, sacerdote e
medico, capace a guarire tutti i mali d’Amore contrastati dei
giovani, mediante alcuni ingredienti a base di cannella e spezie.
Infatti, appena si veniva a trovare vicino alle citate maschere
Corrado si rivolgeva ai presenti e li apostrofava con
solennità…….Non date retta al marinaio perché è uno spione dei
Turchi, pagato per indicare la casa delle belle ragazze, quando in
una di queste notti verranno….l’altro….ha portato i medicinali dalla
Cina per addormentare i fidanzati……State attenti…..mandateli
via…..ascoltate me…..prima che sia troppo tardi…..state attenti alla
polverina che mettono nei pesci e nelle caramelle e così di
seguito…..aprendo e chiudendo il Messale dei miracoli.
Non mancavano anche tra i giovani altre maschere raffiguranti il
geloso “Otello” la bella “ Desdemona” con parrucca vera,bionda
Questa ultima maschera era fatta da Grillo Vincenzino di Francesco,
Antonio classe 1904 mentre la prima era impersonata da Torchia
Gregorio fu Foca classe 1902 e da altri.
Carchedi Giuseppe fu Vincenzo, preferiva un costume tipico e costoso
che rappresentava “Lo Zingaro”. altri: il fioraio, il venditore
d’acqua….il classico acquaiolo di Catanzaro, che vendeva rinomata
acqua, nella cuccumella della Nocella Era un personaggio
interessante vestito con largo gilet di velluto con giacchettone,
falzolettone al collo con una certa area sbarazzina. Erano anche
comuni le maschere di guerriero,di fante,di cavaliere.
Lo stesso Grillo con la propria piccola automobile Fiat dava la
possibilità ai giovani in maschera di andare a Monteleone o a Pizzo
e fare una bella figura con i colleghi di corso liceale e con le
ragazze amiche.
La maschera tipica,popolare,notturna,sempre uguale era chiamata “CORAJSIMA”.
Si trattava di una persona vestita di nero,quasi come un frate,con
la testa coperta,il viso seminero,piangente, e con una canocchia in
mano,piena di stame di lino. Recitava una nenia simile a quella in
uso durante i funerali. Costituiva il terrore dei ragazzi.
In sostanza penso che tale maschera dovesse rappresentare la
moglie,vedova,del Carnevale,la quale appunto si lamentava della
vedovanza,che comportava un periodo di digiuno,per quanto riguarda
le carni fresche o affumicate. Evidentemente com’ e il nome fa
comprendere che,la Maschera voleva rappresentare :la Quaresima.
La maschera era accompagnata da altri muniti di bisaccia che
badavano a raccogliere quanto era offerto:
oli,vino,fichi,fritture,biscotti,noci,mandorle.
Tale manifestazione accadeva sempre nelle ore della sera. spesso
tali maschere avevano uno scopo per combinare matrimoni. Le strade
erano illuminate da fuochi,con legna e frasche,chiamate “FOCARRE”
fatto che si ripeteva poi all’inizio del mese di maggio per dare
solennità il mese mariano .
Il Presidente della Fondazione Culturale “Le Torri”
Michele Condello D.S.G.A. in pensione.
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