FAUSTO RONDINELLI - “LA VOLANTE ROSSA”
Uno degli autori del libro è un giovane francavillese : Fausto Rondinelli è nato a Francavilla Angitola l’ 11 ottobre 1962 . E’ figlio dell’ insegnante elementare Pietro Francesco .
Dal 1967 si è trasferito a Roma, mantenendo comunque forti legami con il paese natale , di cui ha rappresentato molti angoli pittoreschi nelle sue fotografie.
E’ un attento cultore di Storia italiana contemporanea.
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Ci sono storie che per quanto lontane nel tempo e a volte volutamente dimenticate suscitano, se riportate all’attenzione dei lettori, curiosità ed inquietudine. È il caso della Volante Rossa guidata da Giulio Paggio, il “tenente Alvaro” della 118° Brigata Garibaldi, formazione di ex partigiani ed operai formatasi nell’immediato dopoguerra a Milano, per la precisione a Lambrate, periferia est, nella ex Casa del Fascio, diventata Casa del Popolo in via Conte Rosso.
La storia della Volante Rossa, di Alvaro, di Balilla, di Otello, di Lino e degli altri che parteciparono a questa tragica avventura è ricostruita con attenzione e rigore storiografico dall’omonima opera scritta da Fausto Rondinelli e Carlo Guerriero (Datanews, Roma 1996) corredata anche da un’interessante appendice fotografica. Il libro, che con impianto da romanzo giallo fa iniziare la narrazione dalla fine, ossia dai due “omicidi del taxi” avvenuti entrambi il 27 gennaio 1949, ricostruisce, con dovizia di informazioni, ricavate dalla stampa e dalla pubblicistica dell’epoca, non solo la storia della Volante ma anche la macrostoria in cui essa s’inserisce. In particolare, il contesto dell’Italia, soprattutto del nord, all’indomani del 25 aprile, le aspettative dei partigiani, le lotte operaie, il complesso rapporto con il Pci e le istituzioni del ricostruendo stato italiano, nonché gli scontri con le rinascenti formazioni fasciste. Nel libro grande spazio è dato al processo che seguì gli ultimi omicidi attribuiti alla Volante, attraverso gli atti processuali vengono, non solo ricostruiti i fatti, ma anche messe in evidenza le forzature compiute dai giudici nei confronti degli imputati pur di giungere ad una condanna, di chi aveva commesso gli omicidi, ma anche dell’intera formazione politica.
“Solo gli strateghi da caffè possono pensare che sia stato facile dire ai partigiani, dopo quella guerra atroce, quel cumulo di rovine, quelle torture: adesso tornate a casa e buttate via le armi che avete conquistato rischiando la vita”. In queste parole di Pietro Ingrao è riassunto il senso della vicenda della Volante rossa e con essa di altre formazioni che agirono in quegli anni. Per loro la guerra non era finita o meglio non aveva raggiunto il suo vero scopo: la rivoluzione e la presa del potere da parte degli operai e dei proletari guidati dal Pci, per questo motivo molti di essi non deposero le armi, ma continuarono a compiere azioni di rappresaglia e di vendetta contro ex fascisti o persone che si erano compromesse con la Repubblica Sociale, cercando di organizzare il malcontento nelle fabbriche per il ritorno dei vecchi padroni o per il peggioramento delle condizioni di vita dell’immediato dopoguerra.
Il pregio maggiore del libro è che attraverso un punto di vista ben preciso, partecipe ma critico, analizza l’intera vicenda senza reticenze, cercando, sin dove i documenti storici e l’irreperibilità di molti dei protagonisti (alcuni di loro riparati nei paesi dell’Est) hanno permesso, di ricostruire un pezzo della storia dell’Italia del dopoguerra, volutamente dimenticato per la sua spinosità e irriducibilità alla storia ufficiale del paese. E anche di aver fatto giustizia di giudizi affrettati o dovuti all’opportunità politica del momento che individuavano la formazione di Lambrate come esempio negativo e addirittura come precursore delle Brigate Rosse.
In ultimo, proprio per i suoi sviluppi controversi, la vicenda della Volante rossa non è solo una vicenda storica, ma ha in sé anche un sottofondo epico e leggendario, come colgono bene gli autori: “Il ricordo della formazione di ex partigiani milanesi era destinato a riaffiorare ogni volta che mobilitazioni antifasciste ed operaie tornavano a far salire la tensione nelle aree industriali del nord: segno evidente che il valore, anche leggendario, che quella lontana esperienza di lotta aveva assunto non era stato affatto intaccato né dalle strumentalizzazioni né dalla rimozione operata nei suoi confronti da parte del Pci”.
10 MAGGIO 2008
Francesco Filia