Ricordiamo oggi la testimonianza di vita cristiana di san Foca, una testimonianza giunta sino al vertice del martirio, ossia del dono totale di sé a Cristo con l’effusione del proprio sangue.
Non senza una provvidenziale ispirazione, i nostri padri hanno scelto San Foca martire come loro e nostro patrono.
Abbiamo oggi un’occasione propizia per esprimere con particolare fervore la devozione a questo grande Santo, a cui i nostri Padri hanno voluto dedicare questa bellissima Chiesa, segno e pegno di un affidamento alla sua intercessione per la nostra Comunità.
Vorrei recarmi con voi in pellegrinaggio spirituale ad Antiochia, là dove San Foca nacque e visse. La sua storia è antica, molto antica. Ci rimanda al primo secolo della storia della Chiesa. Ci porta nelle terre lontane dell’Asia Minore, e infine a Sinope.
Fu soldato della corte imperiale, pagano. Si è quindi convertito al cristianesimo, lasciò le armi e al suo posto usò la zappa, divenendo contadino; sfamava gratuitamente i viandanti con il frutto del suo lavoro: verdure, ortaggi, ed altre cibarie. Fu denunciato per la sua Fede Cristiana durante la persecuzione di Traiano.
Per aver salva la vita, avrebbe dovuto rinunziare alla sua Fede.
Fu condannato a morte, mediante decapitazione, dopo essere stato messo nella fossa dei serpenti ed esserne uscito illeso.
Di fronte al martirio di San Foca, viene spontaneo domandarsi:
§ Perché tanto accanimento verso un innocente, un semplice, un uomo buono, ospitale e caritatevole?
§ Come ha potuto, quest’uomo, avere tanto coraggio, dinnanzi alla minaccia di morte?
§ E come ha potuto avere tanto rispetto e tanto amore verso i suoi carnefici?
Foca non costituiva alcuna minaccia per l’Impero! Addirittura, aveva messo da parte le armi in dotazione ai soldati. Non era neppure ricco! Infatti, i beni dei cristiani condannati, venivano confiscati.
La ragione dell’accanimento persecutorio era solo l’odio che i pagani avevano di fronte ai cristiani, che con il loro comportamento morale mettevano in risalto il loro edonismo e la loro immoralità.
Ma come ha potuto Foca avere tanto coraggio?
La ragione è semplice: credeva fortemente in Cristo, lo amava teneramente.
Era Lui la sua forza e il suo coraggio. E per amore suo, ha amato anche i suoi aguzzini.
Se Foca ha accettato il martirio è perché era pieno di Dio: in Lui confidava, Lui pregava, Lui serviva, Lui testimoniava.
Oggi, fortunatamente, non c’è più la persecuzione cruenta. Ma occorre ugualmente essere forti, mettendo al primo posto il tesoro più importante: Dio!
Imitare san Foca è un dovere, per noi che ci professiamo suoi devoti. San Foca ci assicura la sua intercessione su ciascuno di noi: sulle nostre famiglie, sulla nostra comunità parrocchiale, sui nostri innumerevoli emigrati, sparsi in tutto il Mondo.
A noi è chiesto di custodire la sua fulgida testimonianza e di farne tesoro: non solo nella mente, con il nostro ricordo, o nel cuore, con questa nostra celebrazione eucaristica, ma anche nella nostra vita quotidiana.
Il prodigioso scampo dal morso dei serpenti è sì un episodio che noi continuiamo a ricordare. Ma è anche un “segno”: il segno di una liberazione da altri mali, non ultimi quelli morali e spirituali.
Siamo chiamati oggi, noi comunità parrocchiale di Francavilla, a ripensare al nostro essere Chiesa nella luce del nostro santo patrono, cioè nella luce del martirio.
San Foca è sembrato essere uno sconfitto (come Cristo sulla croce) perché entrambi uccisi dalla cattiveria umana. In realtà, San Foca ha vinto, perché fu riconosciuto dal Cristo davanti a Dio.
Cristo l’ha detto in modo inequivocabile: chi non pospone tutto, anche la vita, “non è degno di me”.
Il martirio non è tanto una questione di un attimo, quanto piuttosto una questione che riguarda ogni istante della nostra vita.
In questo senso, ogni cristiano è chiamato al martirio. Il martire cristiano non muore per un’idea, per la dignità dell’uomo, la libertà, la solidarietà…
Muore per Cristo, per l’amore che nutre verso di lui. E questa è la nostra vocazione di cristiani.
Che il nostro patrono ci ottenga di recuperare questa identità del nostro essere cristiani, la nostra vocazione al martirio.
Francavilla Angitola, Agosto 2005
Don Pasquale Sergi,