Benvenuti nel sito di Giuseppe Pungitore, dell'ing. Vincenzo Davoli, di Mimmo Aracri ed Antonio Limardi, punto d'incontro dei navigatori cibernetici che vogliono conoscere la storia del nostro meraviglioso paese, ricco di cultura e di tradizioni: in un viaggio nel tempo nei ruderi medioevali. Nella costruzione del sito, gli elementi che ci hanno spinto sono state la passione per il nostro paese e la volontà di farlo conoscere anche a chi è lontano, ripercorrendo le sue antiche strade.

 

FESTA DI SAN  FOCA  MARTIRE 10  AGOSTO  2008

La festa in onore di San Foca quest'anno si è svolta domenica 10 agosto . Il Sindaco, dott. Carmelo Nobile, il Vicesindaco Avv.  Antonella Bartucca, l' Ass.   Angelo Curcio  , e il consigliere  Giovanni Serratore,  hanno partecipato ufficialmente con il gonfalone del Comune, sia alla Santa Messa delle ore 11,00 che alla processione tenutasi a partire dalle ore 18,30 alle quali ha partecipato una grandissima moltitudine di fedeli, di turisti e di persone venute dai paesi vicini.

Anche quest’anno grande successo ha riportato l'offerta dei tradizionali dolci in onore del Santo Patrono a forma di serpi. 

La festa si è conclusa nel cuore della notte con i multicolori fuochi pirotecnici molto apprezzati dalla folla presente. 

 

OMELIA  DI  DON PASQUALE SERGI

 

Mi rivolgo anzitutto all'amico sindaco e alla giunta comuna­le: è bello e doveroso trovarsi oggi qui nella casa comune. Questo, perché abbiamo radici comuni, valori condivisi, obiettivi cui tendere; questo, perché abbiamo messo a servizio della stessa Comuni­tà le nostre potenzialità, il nostro tempo, la nostra vita.

L'anello di congiunzione è Cri­sto e tutti coloro che l'hanno accettato e scelto come ~ Via, Verità e Vita  - San Foca nostro Patrono è uno di questi. Portandoci a Cristo ci porta ad essere veri uomini, vere donne, persone che si rendono disponibili per il rag­giungimento di beni comuni. La devozione a questo insigne santo ci contraddistingue in quanto francavillesi, oggi siamo qui insieme a tanti nostri fratelli costretti ad emi­grare altrove per vivere,

per realizzarsi. Tanti di questi sono qui non so­lo e non tanto perchè nati e cresciuti qui, perché hanno dei familiari, dei ricordi importanti; sono qui, per dar corpo alla lo­ro personale devozione al san­to Patrono. Sono qui, unicamente perché vogliono dimostrare a san Foca e in modo concreto, per l'ennesima volta, la loro fiducia in lui. lo li saluto e li ringrazio per la loro testimonianza. Certamente loro, in ogni dove, hanno parlato di lui con gioia e con orgoglio.

Ieri sera, p. Tarcisio ha messo a fuoco ciò che io nel corso degli anni ho preferito evitare, cioè disquisire sulla storicità del nostro santo, concludendo che, a San Foca sono stati attribuiti altri titoli o appellativi: vescovo, marinaio, giardiniere; altri, nei loro scritti, affermano l'esistenza di tre persone dal nome Foca.

Per quanto ci riguarda, con tutto il rispetto delle opi­nioni o della storicità, che si festeggi a luglio o il 22 settembre o il 5 di marzo, che sia nato a Sinope o ad Antiochia, che sia stato vescovo, marinaio o ortolano, o tutto questo insieme, per noi è relativo. Ciò che é veramente importan­te è quello che ha fatto. Pertanto, io, oggi, più che parlare di San Foca, voglio dare voce a San Foca, ringraziandolo dal più profondo del cuore a nome mio persona­le, a nome della Comunità, di tutti voi qui presenti e particolarmente di due devoti che hanno già esperimentato l'indescrivibile gioia di vederlo personalmente. E' lui, infatti che, storicamente, ha parlato a due nostri amici e fratelli, ora defunti. Il primo, straordinario episodio, si svolse durante la guerra del 15/18. Protagonista è stato Fo­ca Talora, papà di Maria Talo­ra, ved. Desandrè. Il Talora, come tanti altri, giovanissimo, aveva dovuto la­sciare tutto per difendere la Patria. Un giorno terribile, uno dei tanti, mentre il combattimento im­perversava mortale e disastro­so attorno a lui, Foca, sfinito, si addormentò, appoggiandosi ad un grosso sasso. Durante il sonno, sogna san Foca, a cui era par­ticolarmente affezionato, e il  santo lo prende per le brac­cia e gli dice, rivolgendosi a lui per nome:

"Foca, svegliati, spostati subito e mettiti al sicuro, almeno a 30 metri di distanza, perché sei in grave pericolo. Si alza, tutto frastornato, e in un baleno si mette al sicuro. Fece appena in tempo. Subito, laddove si trovava un istante prima, si abbattè pesantemen­te e velocissimamente una grande bomba, che ridusse quella pietra, grossa e compatta, in polvere, simile a farina. A fine guerra, tornato nel suo paesello, fintantoché le forze glielo permisero, durante le Processioni in onore del santo, portò una stanga sulle spalle,  come testimonianza dello scampato pericolo e della grande devozione al santo Pa­trono, di cui portava il nome. Questo, in vita, mi raccontò,

Il  secondo, altrettanto stra­ordinario episodio, ha avuto come protagonista il papà di un'altra nostra parrocchiana; Ida De Caria. E' lei stessa a parlarcene at­traverso un suo scritto conse­gnatomi nel gennaio 2005.

 

Testimonianza di  ida  de caria

 

Io, Ida De Caria, professoressa in pensione, rendo testimonianza di quanto dettomi da mio padre Vincenzo De Caria (1910-2005) e rievocato anno dopo anno nella mia famiglia.

Sabato di San Foca, alla fine degli anni Cinquanta, mio padre dopo aver travasato una botte di vino e raccolto 1a feccia in un sacco, si recò alla "timpa" sul versante della stradina che scende alla valle dei Luchi per svuotarne  il contenuto.

Scelse un posto isolato perché non fosse visto da qualche guardia, temendo una eventuale multa, e si apprestava ad aprire il sacco per buttare la feccia, allorquando il terreno sotto i suoi piedi cominciò a franare verso la valle; data la sua posizione protesa in avanti, mio padre percepì subito la gravità del pericolo e l’ angoscia che non sarebbe. stato soccorso da nessuno, dato il posto isolato. Istintivamente invocò San Foca e, mentre già stava precipitando, avverti una forte presa alle ascelle che lo spinse all' insù. Fortemente e comprensibilmente turbato, tornò a casa dove raccontò il fatta e tra le lacrime di mia nonna e lo sconcerto dei familiari che gli erano attorno, aggiunse dei particolari significativi: - il terreno era ripido e friabile per l'accumulo di terra dì riporto li scaricata durante i lavori  dì sistemazione della piazza; - quando "senti" che sarebbe stato ineluttabile il suo precipitare verso il fondo dei burrone, il pensiero corse ai familiari che difficilmente avrebbero potuto trovarlo e soccorrerlo, dato il posto impervio ed isolato. In un lampo il suo istinto lo spinse ad invocare San Foca e in quell' attimo di invocazione avvertì "qualcosa"  che ,  sorreggendolo  dalle ascelle,  lo spingevo verso l’alto,  al sicuro.

Questo episodio fu vissuto da mio padre con grande devozione e riservatezza; l'unico segno esterno, noto solo a noi familiari, fu l'abitudine di far sparare cinque o dieci "furguli" in gloria di San Foca a1 passaggio dell' effigie del Santo davanti casa, in via Talagone , quando era permesso eseguire tale operazione lungo il tragitto della processione; poi, con la proibizione di questo rito arcaico da parte delle autorità competenti, mio padre destinò sempre ogni anno una somma di denaro, altre quella che regolarmente veniva offerta per i festeggiamenti, affinchè venissero sparati i "furguli" durante la novena.

Di questo intento fu vigile e attenta presso noi familiari o con qualche vicina di casa che si interessava di tale opera, fina all'ultimo anno della sua vita.

Alla fine della sua lunga esistenza, con fatica ma con lucidità, mio padre raccontò questo fatta ai parroco Don Pasquale Sergi, allorché venne in casa a portargli i Sacramenti. Francavilla Angitola gennaio 2005

ALBUM  FOTOGRAFICO DI GIUSEPPE PUNGITORE

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Per maggiori informazioni scrivere a: phocas@francavillaangitola.com

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