Da "Brevi racconti francavillesi" di Lorenzo Malta
Foca e la ragazza della fortuna-Storia di un sogno
Come è strano il tempo; il futuro ci fa paura perché incerto, e il passato ci riempie di nostalgia; alla fine non so se sia più dolorosa la paura o la nostalgia.
Ricordo bene la mia infanzia e la mia giovinezza,e nonostante la mia età, i fotogrammi di quei momenti mi passano davanti ancora vivi.
Che tempi! La fame era tanta ed era fame vera. Anche a Francavilla pagavamo a caro prezzo l'autarchia di Mussolini, ma la vita per noi ragazzini scorreva veloce e gaia ; in fondo c'era chi stava peggio di noi e mi riferisco alle tante mamme che avevano i loro figli in guerra.
Fin dalla partenza li avevano affidati a Lei, la Vergine delle Grazie, e a Santo Focas ; le "lampe " ad olio in quegli anni nelle chiese bruciavano di un fuoco inestinguibile sotto i loro simulacri.
Noi piccoli incoscienti vivevamo quei giorni nella spensieratezza, i rumori della guerra erano lontani; li avremmo sentiti più vicini quando gli americani avrebbero fatto piovere le loro bombe sul ponte sul fiume Angitola.
Le tristi circostanze non infondevano serenità in paese, ma una sola cosa era irrinunciabile: la festa del santo patrono sotto la cui potente tutela ci eravamo affidati. Le feste in quegli anni erano state sobrie, senza sfarzi, niente spari, niente addobbi per le vie, ma solo l'austera processione dei santo con la serpe, accompagnato dalle donne che, a piedi nudi e il volto velato di nero, alternavano al loro pianto le parole della litania.
Noi tutti aspettavamo con ansia quel giorno di agosto e la nostra attesa era anche per lei, per "Nannina", la ragazza della fortuna che, come una novella Circe , aveva ammaliati tutti quelli della mia generazione. La dolce creatura veniva a Francavilla ormai da anni, era un bocciolo di rosa, tenera, dolce; assomigliava ad una Madonna ed era divenuta parte integrante della festa.
Non so da dove venisse, ancora oggi l'ignoro, arrivava in paese accompagnata dal padre uomo, vispo ed accorto.
La coppia si vantava di svelare il futuro ed era fin troppo facile in quel triste momento della nostra storia esercitare l'arte divinatoria illudendo la gente che in fondo voleva essere illusa per campare di speranza.
I due improvvisavano in piazza il loro spettacolo e,quando la folla li aveva circondati numerosa, iniziava il loro magico rituale. II furbo genitore bendava la figlia la quale sceglieva,in mezzo a quel pubblico composto da semplici contadini ed artigiani,la persona a cui svelare l'incognito. Le profezie della ragazza erano strabilianti; ella riusciva a sbalordire i presenti con le sue visioni e queste consistevano in un'abile combinazione di elementi reali della vita del prescelto (dati anagrafici, attività e fatti privati noti solamente a noi francavillesi) con vaghe e scontate previsioni, ed erano più i dettagli della vita privata dell'uomo che non quelli futuri a stupire la gente.
Seppure illusorie quelle sue parole infondevano fiducia, ed univoca si alzava la voce degli astanti che le chiedevano due sole cose; quando sarebbe terminata quella odiata guerra e quando i loro figli sarebbero ritornati a casa. Molti rinfrancati pagavano volentieri il modesto compenso che il genitore esigeva e non di rado la ricompensa consisteva in frutti della natura che in quei giorni di crisi erano divenuti più preziosi della moneta.
Venne per diversi anni Nannina a Francavilla e la sua presenza aveva scosso le nostre tranquille esistenze turbando i sogni della nostra giovinezza.
Non nutrivamo per lei pensieri indecenti o desideri peccaminosi ;il nostro era un sentimento puro ed innocente. Ci mise in concorrenza ed ognuno di noi, finito lo spettacolo, si vantava di aver catturato un suo sguardo fugace o addirittura un suo dolce e candido sorriso.
lo, come del resto tutta la combriccola, l'avrei portata di corsa a casa per poi sposarla da grande a guerra finita. Nannina però non godeva delle simpatie delle donne del paese, per loro era la "magara" che evocava antiche fattucchiere del passato. Solo la Vergine delle Grazie e il santo di Antochia conoscevano il futuro e solo a loro si dovevano chiedere le grazie della fine della guerra e del ritorno a casa dei nostri ragazzi.
Nonostante quegli ammonimenti noi vedevamo in Nannina non una strega ma una sibilla, per lei avevamo perso la testa e quando appurammo che ella profetizzava anche nella vicina Filadelfia in occasione delle feste della Madonna del Carmine e di Santa Barbara ci arrampicavamo attraverso le gole della "Fria" per rivederla. Arrivati lì,dovevamo farci spazio tra la folla a spinte e colpi di gomito per scorgerla e sentire la sua voce soave. Finalmente arrivò il 1945; la guerra finì, quell’ anno avevamo buone e motivate ragioni per festeggiare Santo Focas come non mai. Tuttavia il giorno della festa di quel caldo agosto avemmo un'amara sorpresa, Nannina non era venuta e la cosa ci rattristò molto. Ella non andò più neanche a Filadelfia, così fu pure l'anno successivo e quello dopo. Congetturammo diverse ipotesi anche le più improbabili e pessime, mai sapemmo cosa le fosse accaduto realmente. Forse la fine della guerra - pensai più tardi tra me- non le offriva spunti per la sua arte divinatoria. Chi avrebbero ingannato o illuso lei ed il padre ora che i soldati erano tornati a casa?
All'inizio presi male la cosa ma poi io e gli altri giocoforza dovemmo disilluderci e rassegnarci a dimenticarla, alla fine ce ne facemmo una ragione. Passarono i giorni e gli anni e nel frattempo eravamo divenuti adulti, molti miei coetanei emigrarono,altri si sposarono con le donne del posto, le circostanze portarono anche me a dover lasciare il paese natio.
II destino, come si dice, non sai mai cosa ti riserba ed il fatto curioso di questa storia è che ,a distanza di anni incrociai per un attimo Nannina.
Non risiedevo più a Francavilla ed i miei spostamenti erano diventati assai frequenti; tornavo spesso in paese a trovare i miei genitori e gli amici viaggiando in treno da Lamezia. Un giorno,come tanti altri mentre ero in stazione mi schizzò fugacemente davanti una figura femminile la quale mise in moto dentro di me i meccanismi della memoria.
lo quella donna l'avevo già vista, quegli occhi, quelle guance, quelle labbra e quei capelli non mi erano nuovi. Ma chi era? E dove l'avevo vista?
Mio Dio! Era Nannina ! Era proprio lei. La ragazza della fortuna, l'inarrivabile sogno di noi ragazzi di Francavilla. Quanti anni erano passati? Conservava ancora i suoi teneri lineamenti il tempo non l'aveva scalfita; in principio esitai su cosa fare e quando prevalse in me il coraggio la rincorsi e discretamente la fermai . Si , era proprio lei. Non aveva perso il suo giovanile splendore e il suo viso angelico rimasto incorrotto emanava una fioca luce . Fui garbato ed ella non si ribellò a quella mia brusca intrusione, insieme ripercorremmo quei giorni passati. Non avevo argomenti di conversazione, in fondo il mio adolescente sentimento per lei era rimasto intimo ed inespresso, cancellato poi dagli anni.
II tempo fu impietoso in quella circostanza, la partenza del suo treno era già stata annunciata, riuscì però a togliermi una curiosità .
Le chiesi come facesse a vedere nel futuro perché dopotutto qualcosa riusciva ad indovinare.
Mi rispose schiettamente svelandomi quello che era l'unico effetto speciale del suo spettacolo. Era il padre il vero deus ex machina, egli in modo astuto e furbesco indagava preventivamente nei paesi dove andava su particolari di vita privata di persone che in seguito avrebbe individuato tra la folla,alla sua esibizione e con segnali convenuti li avrebbe indicati a lei che nonostante la benda riusciva a vederli. Ed era facile carpire la buona fede del pubblico dopo avere azzeccato un episodio della vita di una persona che solo i residenti pensavano di conoscere.
II fischio del treno interruppe la nostra conversazione. lei salì sopra e partì. Non so quante volte tornai in seguito a Lamezia ma non la rividi più e nemmeno allora riuscì a scoprire da dove venisse e dove andasse.
Era Nannina la ragazza della fortuna, la più bella di tutte.