Messaggio di
Papa Benedetto XVI
all’Ordine dei Minimi
in occasione del V Centenario
della morte di San Francesco di Paola
Al Reverendissimo Padre
FRANCESCO MARINELLI
Superiore Generale dei Minimi
Nel V Centenario della morte di san Francesco di Paola, mi rivolgo a Lei e ai
figli e alle figlie dell’Ordine dei Minimi -Frati, Monache e Terziari laici -
come anche a tutti i devoti del Santo per celebrare insieme con loro l’amore di
Dio, che in san Francesco di Paola ha donato alla Chiesa un grande testimone del
Vangelo e un promotore della scuola di spiritualità basata sulla penitenza
quaresimale. La rapida diffusione in tutta la Chiesa della devozione verso
Francesco di Paola è un segno eloquente dell’autenticità del suo carisma. I
miei Predecessori hanno ripetutamente
esaltato la grandezza della sua santità e
il disegno provvidenziale di Dio, che lo chiamò in quella difficile e importante
fase della Chiesa nel passaggio dal medioevo all’età moderna, ed hanno
sottolineato la forza della sua spiritualità penitenziale, definendo il suo
programma e la sua proposta di vita come “luce che illumina i penitenti” (Papa
Giulio II).
Facendo mia questa valutazione, esorto a celebrare il centenario non solo nella
prospettiva della memoria, ma soprattutto in quella della ripresa di un cammino
e del rilancio di una proposta di vita. Come figli ed eredi di un così grande
Fondatore, i Minimi hanno nella Chiesa la missione di tenere vivo l’invito alla
penitenza, con il quale Gesù aprì la sua predicazione, in continuità con quella
del Precursore, san Giovanni Battista. Prima ancora di annunciare i grandi
contenuti della Buona Novella, Cristo pose come condizione, per entrare nel
Regno, la conversione del cuore. Fedele a tale appello, la Chiesa, ogni
qualvolta sente il bisogno di rinnovarsi, riparte dalla penitenza come aspetto
fondante e primordiale del suo annuncio, dalla conversione interiore, infatti,
che scaturisce ogni cambiamento, perché la penitenza evangelica tocca il cuore
dell’uomo e decide le sorti di qualunque altra azione riformatrice. I Minimi
siano, pertanto, i primi nella fedeltà all’impegno della maggiore penitenza e
nell’amore alla vita quaresimale che professano (cfr Regola, cap. TI); saranno
così “operai idonei e generosi nel campo della messe del Signore” (Papa Giulio
II). Nessun aggiornamento o adattamento alle mutate condizioni storiche deve
indurre ad abbandonare questa fedeltà. San Francesco di Paola direbbe anche
oggi: “A chi ama Dio, tutto è possibile”.
Ed è nell’ottica del primato dell’amore di Dio che siamo chiamati a orientare la
vita spirituale e l’impegno pastorale nella Chiesa, sempre bisognosa di veri
testimoni di Dio. La vita di san Francesco di Paola è stata segnata da un
profondo amore alla preghiera, dal desiderio di solitudine per entrare in
colloquio con Dio, dalla relativizzazione di tutte le cose, anche del necessario
per la vita, per affermare Dio e la priorità del suo Regno. Non è forse così che
va interpretata la sua esperienza eremitica nella “grotta”, esperienza che segnò
profondamente la sua spiritualità, tanto da indurlo a cercare, dovunque andasse,
spazi di solitudine per alimentare la sua vita contemplativa? La penitenza lo
rese uomo libero per tendere a Dio.
Anche i Minimi, in forza della loro vocazione, hanno la responsabilità di
testimoniare la necessità della preghiera e del silenzio interiore per
consentire la comunione con Dio. Coltivino, pertanto, lo “studium orationis”
(Regola, cap. VIII), secondo l’esortazione di san Francesco. Nelle loro case si
coltivi la “ricerca di Dio”, che è stata per tanti confratelli strada sicura di
santità. Seguendo con impegno i ritmi della vita conventuale, parlino il
linguaggio del silenzio, del raccoglimento, della preghiera. Aiutino quanti
entrano in contatto con loro a scoprire la preghiera, forza dei giusti (cfr Gc
5,16), che “come un fedele messaggero, compie il suo mandato e giunge là dove
non può arrivare la carne” (Regola, cap. VIII). Siano per tutti maestri di
raccoglimento, di meditazione sulla Sacra Scrittura e di preghiera. In questo V
Centenario i fedeli devono essere aiutati a venerare in questo modo san
Francesco di Paola, scegliendolo come maestro di vita, che richiama alle
esigenze dello spirito.
A queste esigenze il Taumaturgo di Calabria ha improntato tutta la sua vita,
dimostrando, com’è nella vocazione di ogni consacrato, che il mondo può essere
salvato solo con lo spirito delle Beatitudini. E’ così che dobbiamo leggere il
suo ascetismo, vissuto sull’esempio degli antichi Padri del deserto. Non a caso,
egli fu paragonato a san Giovanni Battista. L’ascesi è necessaria per la vita
cristiana, perché il cammino spirituale è ostacolato dall’attrattiva dei beni
temporali, che cercano di prendere il sopravvento. Il cristiano ha bisogno di
mantenere sempre viva la consapevolezza di usare le cose del mondo con distacco,
come se non gli appartenessero, perché non abbiamo qui una dimora permanente (cfr
Eh 13, 14), ma siamo stranieri e pellegrini al servizio del Signore (cfr i Pt 2,
11). In forza della loro vocazione penitenziale e quaresimale, i figli di san
Francesco di Paola ricordino ai fratelli di fede che i beni del mondo, pur
necessari per costruire le realtà mondane, possono appesantire il cuore e finir
per impedire di usarne con giustizia e con rispetto, nell’ottica del servizio e
dell’amore. I Frati e le Monache, pertanto, come pure i laici Terziari,
coltivino con amore l’ascesi insegnata dal Fondatore. Lo stesso Ordine, del
resto, rinnovando le Costituzioni, ha voluto ricordare che la sua propria
spiritualità affonda le radici in quella dei Padri del deserto (cfr Cost. art.
4). Nella misura in cui i Minimi rimarranno fedeli allo spirito delle origini,
saranno segno di speranza per la Chiesa e per il mondo, soprattutto per i
fratelli più bisognosi.
San Francesco di Paola ha sempre difeso la causa dei poveri e degli emarginati.
La devozione popolare di tutti i tempi nei suoi confronti si è sviluppata in
gran parte proprio tra i ceti sociali più poveri, a testimonianza di quanto egli
li abbia amati e aiutati. Per questa ragione i Vescovi italiani, anni or sono,
ebbero a definirlo il “il Santo della carità sociale”. Componente essenziale
della spiritualità quaresimale è la carità fraterna. L’ascesi, infatti, se da
una parte educa lo spirito ad essere forte nel combattimento spirituale,
dall’altra allarga il cuore alla carità verso i poveri. Celebrando il ricordo
della morte del Fondatore, i suoi figli sono chiamati a riappropriarsi di questa
dimensione della loro spiritualità e a ripartire con entusiasmo nuovo, sensibili
alle necessità dei poveri di oggi, come lo fu san Francesco. Essi non
mancheranno di far tesoro della grande esperienza della Chiesa, tenendo conto,
soprattutto, delle nuove povertà. In modo particolare, sapranno imitare nel
Fondatore lo stile di accoglienza e la compassione con la quale egli si
accostava ai bisogni di quanti ricorrevano a lui. Al popolo cristiano, che tanto
ammira san Francesco di Paola, questo V Centenario possa richiamare i grandi
valori evangelici, orientando ciascuno ad una conoscenza sempre più profonda dì
Gesù Cristo e ad una sequela generosa di Lui, accolto e amato come “Via, Verità,
Vita». In questa prospettiva, le annuali feste popolari che si celebrano in
onore di san Francesco siano occasione propizia per continuare lo sforzo della
nuova evangelizzazione, intrapreso dalla Chiesa.
Il mio augurio, in questa storica ricorrenza, è che l’Ordine dei Minimi tragga
da queste celebrazioni cinque volte centenarie rinnovato slancio per ripartire
con entusiasmo nell’impegno di fedeltà a Dio e alla Chiesa, secondo la sua
tipica vocazione. Sappiano i Frati, le Monache e i Terziari laici guardare al
futuro con speranza e continuare nel loro cammino, senza cercare altrove
messaggi per un impegno illuminato, giacché questi sono già nelle loro
tradizioni, nel tesoro spirituale lasciato loro in eredità dal Fondatore. Lungo
i cinquecento anni che ci separano dalla morte di san Francesco, tanti
confratelli e consorelle hanno testimoniato con fedeltà il valore del carisma
che per suo mezzo lo Spirito Santo ha donato alla Chiesa. Occorre ripartire con
lo stesso slancio di fedeltà che animava i religiosi che attorniavano san
Francesco di Paola sul letto di morte. Essi erano consapevoli di raccogliere un
testamento inestimabile da far fruttificare nella Chiesa. Sappiano anche i suoi
figli di oggi imitare il loro esempio.
Dal Cielo san Francesco li benedice e intercede per tutti loro.
Con questi sentimenti, mentre assicuro uno speciale ricordo nella preghiera,
invio a Lei, Reverendissimo Padre, e all’intera Famiglia spirituale dei Minimi
un’affettuosa Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 27 Marzo 2007