Benvenuti nel sito di Giuseppe Pungitore, dell'ing. Vincenzo Davoli, di Mimmo Aracri ed Antonio Limardi, punto d'incontro dei navigatori cibernetici che vogliono conoscere la storia del nostro meraviglioso paese, ricco di cultura e di tradizioni: in un viaggio nel tempo nei ruderi medioevali. Nella costruzione del sito, gli elementi che ci hanno spinto sono state la passione per il nostro paese e la volontà di farlo conoscere anche a chi è lontano, ripercorrendo le sue antiche strade.

       

Pubblichiamo un’accurata ricerca storica condotta dall’amico collaboratore Cav. Vincenzo Ruperto

Francavida

Estratto dalla monografia, ancora inedita

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FRANCAVILLA ANGITOLA
-memorie per la sua storia sociale-

 

N.B. La riproduzione dell’immagine, se non autorizzata, è vietata. Essa rappresenta una donna, in costume tradizionale, mentre pilucca un grappolo di zibibbo delle vigne francavillesi. Inizio novecento- autore ignoto. Coll. Privata.

 

Francavilla 27 dicembre 2012
Vincenzo Ruperto

FRANCAVILLA:
DISPUTE E LOTTE LOCALI

“Francavìja, Francavìja,
cu’ tri pùlici ‘nta cudìja:
unu mira, n’atru ‘ngrìdja,
e  n’atru ammàzza Francavìja.”

 

Francavilla è stata protagonista di grandi dispute e lotte locali sia nei tempi passati sia in quelli recenti. Dispute come discussioni animate e vivaci, anche aspre, tra sostenitori di tesi opposte. Lotte locali varie come contrasto duro e anche violento tra singoli o gruppi di cittadini desiderosi di vincere o eliminare gli avversari senza esclusione di colpi.   Sono state di aiuto per il progredire della comunità? Alcune si, altre no. Ma quali si, e quali no?.
Negli anni della feudalità i maggiorenti del paese si riunivano nel piazzale del Convento domenicano dell’Annunziata per l’elezione del sindaco e dei consiglieri(gli eletti) del Comune, presente  il fiduciario del Duca dell’Infantado con il governatore di giustizia ed il cancelliere come organo ratificante. Anche allora le dispute, le lotte o i contrasti non mancarono.
Azioni di uomini e donne che vivevano in comunità, quindi azioni politiche nobili o miseramente volgari .
Non mancarono prima e dopo sino ai nostri giorni. Aprire un dibattito storico-culturale su alcune antiche dispute con la realtà dei giorni nostri sarebbe iniziativa augurabile.
Con il presente lavoro, assieme a tante altre fonti sulla storia sociale di Francavilla, si vuole riportare alla luce la documentazione riguardante varie dispute e lotte locali, grandi o piccole che siano state.  Come incipit si riporta la disputa avuta a Francavilla per la sua riedificazione dopo il terremoto del 1783. Riaprire quella disputa oggi sarebbe, dopo oltre due secoli, una occasione per rivedere storicamente quel tempo e scoprire colti personaggi ben degni di essere ricordati dai loro immemori futuri concittadini.

 

Francavida

LA DISPUTA SULLA RIEDIFICAZIONE DELLA NUOVA FRANCAVILLA

 

Dopo la grande catastrofe del 1783 continuò, più di quello sismico, lo sciame di lutti e disgrazie tra le famiglie francavillesi. Una specie di silenzio collettivo sembrò regnare.
Alla perdita dei propri congiunti, delle proprie abitazioni, dei propri averi si aggiunse una diffusa apatia verso il vivere in comunità.
Le Chiese, i Conventi, i pubblici edifici, gli opifici  distrutti e le terre incolte: uno scenario di desolazione e miseria. Sembrò che fosse scomparsa per sempre quella risorsa di umane  intelligenze esistente prima del terremoto. Passato il periodo di grande smarrimento, quella risorsa di intelligenze cominciò invece a destarsi, cominciò a farsi sentire. Reagì da par suo alla rassegnazione e spronò la popolazione a interessarsi dei problemi che riguardavano la continuità del vivere in comunità. Bisognava pensare alla ricostruzione morale, sociale e materiale. Ricostruire, e meglio, quanto era stato distrutto.

La documentazione sulla riedificazione della nuova Francavilla ci presenta una delle più interessanti dispute che ebbero i francavillesi nella loro storia. Una disputa basata su uno scontro duro tra personaggi che, con le loro colte argomentazioni, non avevano paura di esternare il loro pensiero non soltanto sull’oggetto del contendere, ma anche sugli interessi e trame locali e dei paesi viciniori.

Con Decreto Reale del 5 luglio 1783  fu stabilito che Francavilla doveva essere riedificata nella pianura dello Ziopà. Il Decreto fu emesso in seguito alla ricognizione fatta dagli ingegneri ‘reali’ sotto la guida del capitano Novi e con l’assenso di tutti i cittadini. Nessuno fu contrario. In esecuzione di detto Decreto si erano trasferiti allo Ziopà, dove erano state costruite delle baracche, il governatore di Giustizia, i parroci e 350 cittadini. Alla data del Reale Decreto non era stata ancora istituita la Cassa Sacra. Quest’ organo governativo, da re Ferdinando IV, fu creato con dispaccio del 4 giugno 1784, ma in effetti cominciò ad operare nel novembre dello stesso anno.

Era trascorso infruttuosamente un lustro e nessuna concreta azione di attuazione del Reale Decreto.  I burocrati della Cassa Sacra, con l’aiuto di personaggi locali e dei paesi limitrofi, avevano creato le condizioni per un totale annullamento dello stesso Decreto. Non più la pianura dello Ziopà dove riedificare la nuova Francavilla, ma l’antico sito. Si ritornava, secondo l’edulcorata espressione usata da qualche burocrate, ‘ai patri lari’, mentre più realisticamente altri scrivevano ‘ ai patri tuguri’.

La nuova scelta sembrò passare tranquillamente, come se i cittadini fossero stati consenzienti, eccettuato qualche isolato mugugno. I cittadini erano divisi. Vi furono personaggi non solo del luogo, ma anche di qualche paese limitrofo, che ‘ fomentavano la vil ciurmaglia’ contro i sostenitori dello Ziopà.

In quello scenario pieno d’intrighi, di scelte forzate e interessate, comparve la figura di Nicola Parisi, di professione dottore fisico, il quale con una lettera-relazione costrinse gli alti burocrati della Suprema Giunta di Napoli a intervenire presso i burocrati della Cassa Sacra di Catanzaro e del Ripartimento di Francavilla perché fornissero maggiori e più convincenti lumi.

In seguito a questa lettera-relazione di Nicola Parisi fu incaricato Francesco Antonio  Arcuri, procuratore fiscale della Cassa Sacra, a relazionare, con atti  documentali allegati, chiarendo i motivi per i quali si era arrivati a scegliere non più lo Ziopà, ma l’antico sito. Si chiedeva, in sostanza, di confutare gli argomenti addotti dal Parisi.
L’Arcuri si recò di persona in loco, sentendo le varie campane e scrupolosamente riportando nella sua relazione le ragioni della scelta dell’antico sito. In questa relazione si nota come la sua missione era quella di giustificare la scelta fatta dai suoi alti burocrati.
Tra i documenti allegati vi è la seguente relazione fatta dai dottori fisici di Francavilla Giuseppe Quaranta e Nicola Caria.

 

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Francavilla Angitola- Veduta ruderi antico sito e sullo sfondo
 a sinistra l’inizio della pianura dello Ziopà

 

La relazione fatta da Francesco Antonio Arcuri si presenta esaustiva nel riportare le ragioni di coloro che erano favorevoli allo Ziopà e di coloro che erano favorevoli al vecchio sito. La sua era una missione il cui fine gli era stato già imposto: giustificare la non esecuzione del Reale Decreto del 1783. I burocrati della Cassa Sacra non ebbero scrupoli ad assecondare personaggi locali che tutelavano soltanto propri interessi a discapito dell’intera comunità. Nelle righe della citata relazione l’Arcuri non nasconde alcune verità occultate come quella dell’esistenza di sobillatori della ‘vil ciurmaglia’ avversi al sito dello Ziopà, né tantomeno si spinge a non riconoscere alcune fondamentali ragioni sostenute dal Parisi. Ragioni essenziali per lo sviluppo urbanistico e commerciale  della nuova Francavilla nel sito dello Ziopà. Oltre al suolo pianeggiante, adatto per la costruzione delle case e degli edifici in genere, vi era la presenza di una strada regia, la vicinanza al mare. Un sito al centro  di un ricco territorio agrario che ben si prestava a divenire un importante centro urbano sviluppando varie attività commerciali e industriali. Fu sollevato, come motivo principale  avverso, la salubrità dell’aria. Su questo motivo l’Arcuri riporta le due tesi dei dottori fisici e non avanza minimo cenno di partigianeria, come se volesse dire: ‘ non sta a me stabilire quale è l’aria più salubre. Il Parisi è per quella dello Ziopà, i dottori fisici Giuseppe Quaranta e Nicola Caria sono per quello del vecchio sito. Decida chi sta più in alto di me’. Una realtà non può nascondere l’Arcuri, denunciata da Nicola Parisi, l’intervento di personaggi della vicina Filadelfia contro la scelta dello Ziopà, come i tre dottori fisici filadelfiesi che avallarono le motivazioni addotte da Giuseppe Quaranta e Nicola Caria. In quell’anno era anche depositario della Cassa Sacra per il ripartimento di Francavilla Tommaso Serrao succeduto a Don Michele Vitale. La nomina del Serrao fu dovuta, tanto per cambiare, alle discordie esistenti tra i maggiorenti francavillesi.
Altri motivi sui quali l’Arcuri si sofferma attentamente quasi per dare un aiuto alle tesi del Parisi: acqua e materiale adatto per la riedificazione. Nel nuovo sito vi è sufficienza, reputa buona l’acqua della fonte di Mielita (che con opportune condutture potrebbe essere  potenziata) e mediocri le acque delle fonti di Cà Mergani, Postoliti, Arcelao(anch’esse da potenziare) e Renoso.
Sin qui l’Arcuri che dietro le sue piccole osservazioni nasconde il suo dubbio sulla validità delle tesi addotte contro lo Ziopà. Rientra subito in quella specie di guscio impostogli dall’alto e dal basso dai denigratori dello Ziopà. Dall’alto i burocrati della Giunta Suprema di Corrispondenza dovevano giustificare il loro operato. Dal basso i personaggi francavillesi ben incriccati con altri fraterni amici di paesi limitrofi. Bisognava dimostrare che quasi tutto il popolo di Francavilla era per l’antico sito, anche coloro che si erano trasferiti nello Ziopà anelanti di ritornare ai patri lari, eccettuati i pochi soliti testardi nemici della loro patria. L’Arcuri si lascia sfuggire l’espressione ‘ ritorno ai patri tugurj’, invece che ‘ai patri lari’ come in altre relazioni riportata. Quaranta trappeti esistenti nell’antico sito, dei quali ventisette in funzione. Per quanto concerne i trappeti la Giunta della Cassa Sacra aveva deliberato di dare un cospicuo contributo per la loro riparazione se danneggiati dal terremoto. Fecero domanda di contributo, ottenendolo, personaggi che non ebbero mai trappeti o che se avuti mai danneggiati o non funzionanti da parecchio tempo. Bastava un attestato ‘fede’ del Sindaco e degli eletti perché la pratica venisse accolta. Qualche anno prima, precisamente nel 1785, si verificò una dura disputa tra i cittadini francavillesi. Mastro Rosario Sgalera, barbiere, presentò una denuncia contro Don Michele Vitale, allora depositario della Cassa Sacra per Francavilla. La denuncia rappresenta la lotta che si era scatenata tra i maggiorenti del paese per la conquista degli ‘impieghi’ offerti dalla Cassa Sacra. Lo Sgalera nella denuncia riporta, tra gli altri,  il fattaccio criminale perpetrato dal Vitale ai danni del governatore di giustizia Don Francesco Melacrinis, facendolo ingiustamente accusare di contrabando di sale. Perché mai il Vitale fu nominato depositario del patrimonio della Cassa Sacra essendo colpevole di un reato così grave?. E pur vero che, secondo gli accertamenti fatti dal capitano Giovanni Dama, le accuse dello Sgalera erano state mosse da un ‘finto zelo’ di parte e non tutte veritiere.  Don Michele Vitale apparteneva ad una famiglia tra le più importanti di Francavilla. Donna Diamante Vitale, figlia di Michele e di Donna Elisabetta Mannacio aveva sposato il dottor  Carlo Aracri, nobiluomo di Gasperina. Don Francesco Melacrinis, il  governatore di giustizia che si era trasferito allo Ziopà, era parente di Don Annunziato Tranquillo, amministratore della Cassa Sacra per il ripartimento di Francavilla. La sua nomina fu molto contrastata dal fiscale Salamone e dal canonico Quaranta. Anche a Pizzo corpose furono le dispute. Annunziato Tranquillo fu incolpato di avere occultato in suo favore ben quattromila ducati del patrimonio della Cassa Sacra. Pizzo è l’altro paese limitrofo da dove provenivano alcuni personaggi che si adoperarono a seminare zizzanie tra i francavillesi per la scelta del sito dove riedificare Francavilla.

Si riposta la denuncia dello Sgalera come documento comprovante non solo le diatribe locali allora esistenti, ma anche l’andazzo corruttivo della burocrazia della Cassa Sacra.

Rimosso dall’incarico di depositario il Vitale, non fu nominato al suo posto altro aspirante notabile locale, in quanto il capitano Dama si era reso che la denuncia dello Sgalera era il frutto delle diatribe esistenti a Francavilla. Fu nominato Tommaso Serrao di Filadelfia.


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-Francavilla Angitola-VV- Veduta aerea del Borgo Antico
- Pendìno/Piano Brossi/ Magliacane/ Chiesa San Foca-ex Castello.

 

La disputa sorta dopo il terremoto per la riedificazione di Francavilla fu aspra e non si esaurì con la decisione di modificare il vecchio decreto reale del 1783. Nicola Parisi sollevò con la sua forte denuncia fatti storici incontestabili. La scelta dello Ziopà come sito della nuova Francavilla era la più idonea per fare uscire Francavilla dal suo isolamento e farla progredire urbanisticamente ed economicamente. Le motivazioni dell’idoneità di quella scelta sono riportate in modo esemplare dallo stesso Parisi. Dalla lettura della denuncia-relazione viene fuori un personaggio ben preparato nella sua disciplina di dottore fisico e altrettanto nelle discipline economiche, storiche, filosofiche e umaniste.Un uomo colto che usava, nel suo argomentare, sostantivi, aggettivi e verbi che suonano ancora come un canto poetico che ben rappresenta la dura realtà: ’ ...vendicatrice mano di Dio difendendo i diritti suoi guardando con occhio bieco/ ..si videro i mortali pria sepolti che trapassati/.. esacrando abominevole terreno d’umano sangue bagnato/ …le micidiali pietre cruentate/…Il miserabile avanzo degli orrendi flagelli/…Adunca tagliente falce/…Calcinate pietre/…Pinose alpestri montagne di bianche nevi onuste/ … Possa difformare o mutare l’aspetto della Verità, volto venerando, volto che beava Socrate, e bear deve tutti i filosofi…’.

La Cassa Sacra fu un evento storico molto importante per la Calabria. Fu il primo tentativo serio di riportarla alla ribalta dopo secoli di ingeneroso oblio. Furono i burocrati che la fecero fallire, specialmente quelli che occuparono le cariche più importanti soltanto perché rampolli  di famiglie altolocate. Burocrati che pensavano a maggiormente arricchirsi a discapito delle comunità duramente colpite. Francavilla non fu riedificata allo Ziopà per puro e misero calcolo d'interessi del regio fisco da una parte e, dall’altra, dagli interessi di personaggi locali a rimanere nel vecchio sito perché proprietari di case e tuguri, di suoli edificatori, di trappeti e molini che ricostruirono con i contributi lautamente elargiti dagli amici di turno e perchè detenevano il locale potere che permetteva loro prosperità e benessere a scapito della moltitudine dei cittadini le cui famiglie erano precipitate nella miseria più nera pur avendo un passato dignitoso. Cittadini  trattati come servi dai soliti e nuovi signorotti e signorini che come blasone della loro inesistente nobiltà sventolavano le bandierine dell’ingordigia, della viltà, delle impunite violenze, delle ruberie legali ed illegali, della loro spropositata ignoranza ed immoralità. Vi furono alcuni personaggi, i pochi, che con la loro autorità morale e il loro indiscusso prestigio, derivanti da tranquille condizioni economiche e da vetuste onorate famiglie, nel cui ambito non mancò mai il costume di educare i propri figli nelle arti e nei mestieri, si opposero, come fragile diga, al malcostume e alla rozza protervia dilaganti nella comunità. Anche costoro però non capirono che la  vecchia Francavilla ducale con la sua cinta muraria, le chiese, i conventi ed il castello resi ruderi a testimoniare un dignitoso passato, era un centro urbano non più adatto ai nuovi tempi. Il secolo dei lumi voleva paesi più aperti alle nuove esigenze commerciali, industriali, economiche e culturali. Restare in quel luogo isolato tra i torrenti Talagòne ed Fiumicello, senza adeguate strade carrabili, ma mulattiere scoscese e impraticabili nei periodi invernali, significava lo svilimento del commercio e delle attività economiche ad esso collegate. La produzione agraria era notevole: olio, vino, cereali. Notevole era la sericoltura, la pastorizia. Ma era difficoltoso promuovere un commercio competitivo con quello di altri paesi facilmente raggiungibili.  Non vollero pensare al futuro della ‘patria’, non vollero sentire voci, come quella di Nicola Parisi, che richiamavano l’attenzione verso le future generazioni, perché si potesse edificare per loro una città aperta ai commerci, alle industrie, al benessere sociale. Francavilla fu costretta a rivivere nel suo vecchio angusto sito che aveva protetto i suoi abitanti dalle invasioni straniere e dalle scorrerie turchesche. La scelta del sito dello Ziopà, quella che guardava alla modernità e al futuro fu scartata dagli alti burocrati della Cassa Sacra per motivi prettamente fiscali. L’Arcuri come procuratore fiscale doveva tutelare e garantire che le spese non potessero superare le entrate. Trovò eccessive le spese da affrontare in caso di scelta dello Ziopà. Le entrate certificate dal regio Tesoriere erano misere. Altra grande falsità storica. Il patrimonio sacro, dei conventi e delle chiese, non fruttava quei pochi ducati riportati nel certificato allegato. Erano migliaia i ducati che la Cassa Sacra introitava annualmente dalle rendite dei vari beni. Il patrimonio sacro del comune di Francavilla fruttava al regio fisco migliaia e migliaia di ducati  per i beni posseduti dagli enti ecclesiatici prima del 1741. I burocrati della Cassa Sacra, consigliati dai ‘traditori locali’ indicati dal Parisi, arrivarono alla scandalosa decisione di dare un sussidio ai ziopaesi perché ritornassero nel vecchio sito. Per quale motivo non si diede un sussidio per coloro che volevano rimanere nel nuovo sito?. La disputa fu la naturale conseguenza del fatto che i francavillesi non ebbero allora un capo al quale obbedire, ne ebbero forse parecchi e furono cattivi consiglieri. Castelmonardo fu riedificata, col nome di Filadelfia, nel Piano della Gorna perché vi furono lungimiranti personalità che furono capi indiscussi. Non risulta che sia sorta disputa alcuna tra i cittadini di quel paese circa la scelta del sito. Il Piano della Gorna non aveva acqua per i molini, non aveva fiumi correnti, non aveva abbondanza di materiale edile per la costruzione degli edifici. I molini furono lasciati nei loro vecchi siti. Il materiale per la costruzione degli edifici fu trasportato da luoghi non vicini. Per Filadelfia il Fiscale Arcuri e gli altri burocrati della Cassa Sacra nessun cenno di dubbio sollevarono. Non vi furono dottori fisici che dovettero relazionare sulla bontà dell’aria del Piano della Gorna o dell’antico sito. Nessun cittadino francavillese o di altro paese limitrofo si adoperò a portare zizzanie tra i monardèsi per la scelta del sito. Nessun burocrate della Cassa Sacra  francavillese profferì mai parola in merito. Il dottor Vincenzo Solari e il chirurgo Foca Aracri furono, per quasi sette anni, gli unici importanti protagonisti della formazione del catasto dei beni ecclesiastici di ben sette paesi, inclusi Filadelfia e Francavilla. Nicola Parisi forse avrà ammirato la compattezza dei cittadini filadelfiesi per il sito scelto. Quattro tomolate di terreno del Piano della Gorna erano allora proprietà della famiglia di Nicola Parisi.

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Paesaggio calabrese- Mulattiera

Le dispute, le varie lotte locali si manifestano e si radicano in varie forme. A Francavilla, come in tutte le comunità calabresi, era in uso il  soprannome o nomignolo ( la ‘ngiuria). osi. Era il modo, lo è anche oggi,  di esternare dissapori o inimicizie dovute tra famiglie, molte volte risalenti ai trisavoli, ma che rimanevano impressi per le generazioni future. Con il nomignolo o ‘ngiuria si caratterizzavano  anche le dispute con gli abitanti dei paesi limitrofi.  I Francavillesi erano ‘ngiuriati con il nomignolo di Ragnuòli ( cioè pesci ragno o tracine che se toccati si difendevano con le spine nascoste e velenose) dai filadelfiesi, i quali a loro volta erano chiamati Mangiapatate (perché in maggioranza ‘muntagnisi’ che coltivavano e mangiavano patate in abbondanza). I pizzitani erano chiamati Mangiagargi (perché mangiavano il pesce cucinato  con tutta la testa). Questo è un capitolo a parte.

PRIMA PARTE 

                                                                                                                                          

Per maggiori informazioni scrivere a: phocas@francavillaangitola.com