Benvenuti a Francavilla Angitola un comune di quasi duemilacinquecento abitanti in provincia di Vibo Valentia nell’entroterra collinare del Mar Tirreno, affacciato sulla valle e sul lago artificiale dell’Angitola. L’antico paese giace allungato su una bassa dorsale a 290 m. d’altitudine, stretta tra il torrente Fiumicello a levante ed il corso d’acqua del Drago- Talagone a ponente. Francavilla è facilmente raggiungibile con ogni mezzo di trasporto: l’aeroporto di Lamezia si trova a non più di 30 km, lo svincolo di Pizzo dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria è a meno di 10 km; molto vicine sono le importanti stazioni ferroviarie di Lamezia Terme, e di Vibo – Pizzo, il porto di Vibo Marina, il capoluogo di provincia Vibo Valentia e l’importante centro di Lamezia Terme, quarta città della Calabria. Francavilla gode di un clima mite, dolce e temperato grazie alla sua felice ubicazione in collina, molto vicino ad un litorale marino con spiagge sabbiose, recinte da pinete e barriere di eucalipti che diffondono attorno aria fresca e balsamica; grazie anche alla verde campagna che la circonda, alla ricchezza d’acqua ed all’assenza di inquinamenti industriali
LA STORIA DI FRANCAVILLA ANGITOLA
Anche se finora non sono stati reperiti documenti sicuri,è pressoché certo che il paese di Francavilla sia andato formandosi in età Bizantina , verso il IX-X secolo dopo Cristo,
quando l’Impero d’Oriente governava la Calabria . In quei tempi sia i centri sulla costa che il retroterra prossimo al mare venivano frequentemente occupati , saccheggiati o distrutti dalle incursioni dei saraceni.
Per far fronte a queste scorrerie Bisanzio mandò sue truppe in Calabria e in Puglia per riconquistare le terre occupate dai Musulmani; fra i comandanti si distinse lo stratega Niceforo Foca inviato nell’855 dall’Imperatore Basilio I . Grazie al suo interevento e sotto la sua protezione le popolazioni rivierasche sfuggite alle depredazioni saracene costruirono diversi centri e borghi fortificati, non sulle coste ma nell’entroterra, per ovvi motivi di maggior sicurezza. Fu in quel periodo che nacquero Catanzaro, Nicastro, Maida, Palmi, Gerace ed altri centri, tra cui probabilmente Francavilla, fondata da abitanti fuggiaschi da Rocca Angitola e da altri casali più esposti alle scorrerie.
Diversi indizi inducono a ritenere probabile la fondazione di Francavilla o nel periodo della ripresa bizantina per merito di Niceforo Foca o qualche tempo dopo. Quando storici locali affermano che Francavilla fu costruita da abitanti dei casali denominati Carthopoli, Santo Foca e Clopani, è verosimile immaginare che i fondatori del nuovo paese venerassero in modo speciale il Santo Martire Foca proprio perché portava lo stesso nome dello stratega Niceforo Foca, assai apprezzato tra le genti calabre in quanto loro difensore e protettore contro le incursioni saracene; inoltre il vocabolo
“ Clopani“, più che essere un toponimo ( nome di località), derivando dalla parola greca “Klopè “
(saccheggio, ratto, rapina) designava in età bizantina “ uomini colpiti da saccheggi o rapimenti”, quali erano appunto i profughi fuggiaschi dei centri depredati o distrutti dai saraceni,che cercavano di sistemarsi in località lontane dalla costa, ritenuta più al riparo e più difendibile contro assalti nemici.
La matrice bizantina di Francavilla è confermata da molti toponimi di derivazione greco-bizantina:
“ Batia”, vallata,” Aria”, leccio, elce , “Bonì”,altura, “Lanzaro”, terrazzamento,” Cardirò”,luogo spinoso, cardeto; “ Marasà”, finocchieto, ed altri ancora, dal culto e dalla devozione a Santi molto venerati dai cristiani greco-orientali: San Foca, Santa Barbara, San Nicola di Miro ( poi denominato San Nicola di Bari ) San Teodoro ( ricordato pure in una contrada con il toponimo San Tòdaro, così come a Venezia, di chiaro influsso bizantino ) ; nonché dalla persistenza nel dialetto francavillese di tanti vocaboli tardo-greci.
Certamente, all’inizio, il borgo fondato dai profughi era di modesta consistenza, tantè che non se ne conosce il nome bizantino; però poi, seppure con i lenti ritmi di crescita dell’alto Medioevo, aumentò progressivamente di popolazione e di importanza e fu munito di mura e fortificazioni.
Al tempo dei Normanni, subentrati ai Bizantini, emerge finalmente l’appellativo di “Francavilla”; ciò significa che il sovrano riteneva il nostro paese meritevole del conferimento di franchigie, privilegi, benefici fiscali, economici, politici e militari propri delle “ terre regie”, affrancandolo così da dazi e tributi gravanti invece sulle “terre feudali”.
L’importanza di Francavilla nell’epoca normanna è confermata dall’annotazione: “ Francavilla fortilizio considerevole e popolato”, espressa dall’autorevole e famoso giografo arabo Al Idrisi, che negli anni 1139-1154, compilò per il re normanno Ruggero II una carta geografica corredata di notizie sui maggiori centri, porti marittimi e porti fluviali della Calabria.
Sotto la dinastia degli Svevi, Francavilla mantenne ancora i suoi privilegi di terra regia-demaniale;
ma il sistema feudale si diffondeva sempre più nel regno di Napoli. Con l’avvento della casa D’Angiò anche a Francavilla fu concessa in feudo (1270), prima ai Sangiorgio poi ai Desus, famiglie di origine franco provenzale.
Inizia così un’età oscura, di crisi profonda, sia sotto la dominazione angioina sia nel lungo periodo di lotte tra i pretendenti aragonesi e angioini, e di contrasti e tensioni di grandi feudatari tra di loro o contro i sovrani.
Comunque nel 1457 Luca Sanseverino, appartenente ad una delle più potenti e ricche famiglie del Regno di Napoli, acquistò da Re Alfondo d’Aragona, oltre a Mileto, il feudo di Francavilla.
Nel 1505 alla famiglia Sanseverino subentraono gli spagnoli Hurtado De Mendoza che poterono fregiarsi, tra l’altro, dei titoli di principe di Mileto e duca di Francavilla.
Da allora in poi il feudo di Francavilla si trasmise per via ereditaria, a volte per linee femminili, fino al 1806 anno di abolizione di feudalesimo.
Uno degli ultimi eredi della casata hurtado, donna Maria Francesca da Silva Hurtado y Mendoza, essendo duchessa dell’Infantado (1739 ), trasmise al castello di Francavilla la denominazione “Castello dell’Infantado”. C’è da dire, purtroppo, a causa delle susseguirsi di terribili terremoti (assai gravi quelli del 1638 e del 1783 ) e di altre calamità ( carestie, pestilenze, dissesti geologici..) non sono rimaste vestigia né del castello né di opere a difesa del paese, quali mura di cinta, torri e porte; queste ultime opere da un lato sono descritte in modo enfatico ed esagerato da storici non sempre attendibili, tra l’altro sono citate in rogiti notarili settecenteschi scrupolosamente redatti.
Del lungo periodo di dominazione, prima spagnola e poi dalle dinastie dei Borboni, sono invece rimaste significative testimonianze, sia architettoniche ( Convento degli Agostiniani, Convento dei
Domenicani, Convento dei Riformati, Chiesa di S. Foca, Chiesa delle Grazie, Chiesa del Rosario )
sia documentali ( suppliche ai sovrani, relazioni di visite pastorali, atti notarili, registri e platee parrocchiali, regole e verbali di confraternite, libri di Adnotatores, catasto conciario, relazioni su disastri sismici, epistolari…).
L’esame e lo studio di queste varie testimonianze ci permettono di conoscere la situazione religiosa l’evoluzione politica, economica e sociale di Francavilla dei suoi abitanti ed istituzioni.
E’ noto che Francavilla fece e fa ancora parte della Diocesi di Mileto, voluta nel 1081 dai Normanni che trasferirono l’antico vescovato vibonese proprio a Mileto, in quanto diventata capoluogo della contea normanna, e sede di una zecca che produsse monete di bellissimo conio.
Dopo aver inglobato nel 1121 anche la diocesi di Taurianum(zona di Palmi ), la diocesi di Mileto estendendosi su un territorio vastissimo, divenne centro di diffusione del culto latino occidentale al posto di quello greco orientale. Francavilla tuttavia ancora per molto tempo rimase legata ai riti e alla devozione a santi di tradizione bizantina ( soprattutto a S. Foca, a S. Nicola e a Santa Sofia ).
Poi la lenta, ma progressiva e capillare, diffusione degli ordini monastici occidentali e un rinnovato fervore religioso ( tra cui una menzione particolare va fata in Calabria per i Minimi di S. Francesco di Paola ) favorirono la costruzione di Chiese e Conventi perfino nel piccolo paese agricolo di Francavilla sorsero cospicui conventi:
- attorno al 1525 gli Agostiniani ( con il priore francavillese padre Matteo Mileto ) costruirono il Convento di Santa Maria della Croce;
- nel 1545 i Padri Predicatori, cioè i Domenicani, costruirono il Convento di Santa Maria dell’Annunciata;
- nel 1621 fu fondato, al di là del Fiumicello, il Convento dei Riformati, la costola di Francescani che rimase più fedele allo spirito e alle regole di rinuncia ai beni terreni, di povertà, penitenza e semplicità volute da S, Francesco d’Assisi.
Delle molte chiese sorte a Francavilla ricordiamo brevemente quelle in funzione nel paese alla prima metà del ‘700, cioè nel periodo in cui fu redatto il Catasto onciario ( 1743 ), documento fondamentale che ben rappresenta non solo la situazione anagrafica e demografica ma soprattutto le condizioni sociali, patrimoniali, economiche del paese.
Citiamo anzitutto la chiesa parrocchiale di S. Foca, poi la chiesa di santa Maria delle Grazie, divenuta anch’essa parrocchia nel 1763. La chiesa di S. Pietro, ubicata presso il calvario antico di Pendina, sconsacrata dopo i gravi danni inferti dal terremoto del 1783.
La chiesetta di Santa Sofia, sita presso l’attuale via Roma; in proprietà alla famiglia Solari, venne chiusa al culto e ceduta ad altro privato Nicola Caria, nel 1781 poco prima del terremoto.
La chiesa di S. Nicola di Cartopoli, attuale località Pirricchio, in precarie condizioni già nel primo Settecento e sconsacrata poco prima del sisma del 1783.
La chiesa di S. Maria degli Angeli, sita presso il monumento ai Caduti, chiusa poi al culto in quanto gravemente danneggiata dal movimento tellurico del 1783.
Infine c’era la chiesa di SS. Maria del Rosario, collegata al Convento dei Domenicani e cara ai francavillese in quanto sede dell’importante Congrega del SS. Rosario. Le strutture del convento e della chiesa furono danneggiate dal sisma del 1783; il convento fu soppresso da re Gioacchino Murat nel 1809; grazie al fattivo operato dei confratelli della congregazione, la chiesa invece fu riaperta al culto nel settembre 1813.
Analizzando i dati del Catasto onciario (1743) scopriamo che a Francavilla abitavano:
a) nove famiglie nobili ( in verità, come giustamente ritengono Giovandomenico Barone e Lorenzo Malta, si tratta di appartenenti al ceto medio borghese-rurale );
b) otto famiglie che vivono civilmente;
c) un notaio e tre giudici;
d) tre medici;
e) sette religiosi ( sacerdoti e frati );
f) sette studenti di grammatica ( quindi futuri insegnanti );
g) numerosi artigiani e mastri: 5 tra fabbri e forgiari; 2 bardari, cioè fabbricanti di selle e finimenti; 1 cerchiaio; 3 falegnami; 3 calzolai; 1 pittore decoratore; 1 conciatore di pellami; 1 fornaio ( da ricordare che in ogni casa esisteva il forno familiare ); 5 barbieri; 13 sarti; 5 molinari cioè mugnai; 4 capomastri edili; in tutto una cinquantina di famiglie;
h) 11 massari cioè allevatori di bestiame possessori di carri agricoli e di aratri per dissodare la terra, nonché produttori di formaggi;
i) addetti a particolari mansioni di servizio, come un sacrestano, tre soldati, alcuni guardiani.
Non vengono censiti, a causa dell’elevato numero, né i braccianti agricoli né i servitori domestici.
Non vengono inoltre conteggiati i frati dei tre conventi, probabilmente una quarantina di persone.
Sullo sfondo di una Calabria settecentesca assai povera, Francavilla emerge quindi come un paese in condizioni economiche discrete, in espansione, addirittura in grado di attirare un certo qual flusso migratorio dai paesi vicini. In effetti, Francavilla, fornita di adeguate attrezzature e strutture di trasformazione dei prodotti agricoli ( si contavano, forse esagerando, 25 frantoi, 11 mulini e molti palmenti per produrre vino ), doveva trovarsi in una situazione economica stabile, non solo perché poteva garantire un’esistenza decorosa ad una ventina di famiglie possidenti e ad un’altra ventina di professionisti ( medici, notai, professori, religiosi ), ma soprattutto perché consentì l’insediamento di ben tre conventi ( per altro il convento degli Agostiniani e quello dei Domenicani, grazie a donazioni e testamenti accumularono un cospicuo patrimonio fondiario e beneficiarono di diverse centinaia di censi perpetui e di censi bollati) e assicurò il funzionamento di ben nove chiese ed il sostentamento dei sacerdoti che in queste chiese officiavano.
E’ opportuno rimarcare che il numero di conventi ( tre), di chiese funzionanti (nove), di mastri artigiani attivi ( circa cinquanta ) è assai considerevole se viene rapportato all’esiguità del territorio e della popolazione residente.
Nel 1783 Francavilla cadde sotto il terribile sisma che distrusse gran parte della Calabria. La ricostruzione del paese fu motivo di controversie tra i cittadini superstiti, divisi tra chi voleva che il nuovo sito urbano rinascesse nella pianura dello Ziopà e chi voleva riedificare il paese sulle macerie di quello precedente. La Suprema Giunta di Corrispondenza di Napoli. nel 1789, optò per la seconda soluzione. I Francesi, nel 1807, lo considerarono luogo e lo inclusero nel governo di Filadelfia. Nel 1811 venne elevato a comune nel circondario di Monterosso. Nel 1816 Francavilla passò nel circondario di Filadelfia. Dopo l'Unità d'Italia, per effetto di un decreto del 26 marzo 1863, prese la denominazione di Francavilla Angitola.
Ing. Vincenzo Davoli e Giuseppe Pungitore
Torna alla pagina dei Cenni Storici TORNA ALLA PAGINA INDEX
Per maggiori informazioni scrivere a: phocas@francavillaangitola.com